Page 168 - Sbirritudine
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Tornai a Prezia guidando a tavoletta in autostrada. In commissariato
mi aspettavano Cripto, Tacconi e Spada. Ci trasferimmo in archivio e
allestimmo una catena di montaggio: due fotocopiatrici, dieci risme di
carta, spillatrici, graffette e raccoglitori. In sette ore riuscimmo a
fotocopiare tutto il materiale. Alle sei del mattino mandai un SMS a
Milena, che mi aspettava a Trapani, dove aveva dormito da un'amica.
Se qualcuno si fosse insospettito per il comportamento delle ragazze
avrebbe faticato a tenerle entrambe sotto controllo: una era a Prezia e
l'altra a cento chilometri.
Alle sette mi incontrai con Milena vicino al porto e trasferii i
documenti originali nella sua auto. Poi tornai a Prezia e rimasi in attesa
del loro messaggio: dovevano confermarci che erano riuscite ad
arrivare al lavoro e a rimettere i documenti a posto. Alle nove eravamo
tutti in fibrillazione. Poi arrivò l'SMS: “Ce l'abbiamo fatta”. Finalmente
la tensione si ruppe. Ora potevamo dedicarci all'esame dei documenti.
Fu un lavoro enorme, c'erano centinaia di fatture, richieste, cedolini,
storni, tutti da verificare e collegare. Ne venne fuori un quadro
sconfortante: circa duecento prelati di vario ordine e grado avevano
sfruttato il sistema pensato da Vassallo per alleggerire le casse della
Regione Sicilia. Erano coinvolte diocesi di ogni città e paese. Le
richieste di fondi riguardavano ristrutturazioni, arredamenti, paramenti,
e la Regione liquidava tutto. Ogni richiesta veniva accontentata. Le
fotocopie degli assegni dimostravano come le banche fossero
conniventi: a rilasciarli erano sempre gli stessi impiegati, e sempre gli
stessi funzionari regionali gestivano le pratiche. Spada ottenne il via
libera dopo molte insistenze e la rassicurazione che l'indagine sarebbe
stata condotta con il massimo scrupolo e la totale segretezza. Ci disse
che il magistrato gli era parso molto preoccupato; io avevo imparato
che, quando un magistrato si fa venire il prurito, i poliziotti sono sulla
strada giusta.
Con in testa il tarlo della talpa in commissariato, feci una riunione
con la squadra investigativa. Chiesi ai colleghi di non fare parola con
nessuno di quell'indagine. Spiegai che neanche le nostre mogli o
fidanzate dovevano sapere niente. E, soprattutto, che nessuno del
commissariato esterno alla squadra doveva essere informato, neanche
gli amici di un tempo. Stavo rischiando: se la talpa era tra noi gli stavo
facendo capire che sapevo. Ma non avevo scelta. Nel frattempo,
verificammo le posizioni giuridiche dei soggetti su cui stavamo