Page 176 - Sbirritudine
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Spada  ti  guardava  dentro.  Aveva  ragione.  Non  ero  mai  riuscito  a
              spiegare  cosa  mi  spingesse  ad  andare  avanti  ma,  ora  che  lui  l'aveva

              esplicitato, lo avevo capito. Mi tese la mano e io gliela strinsi. La rabbia
              mi era passata.

                 «Andremo fino in fondo» disse di nuovo. «Te lo giuro.»
                 Duecentocinquanta  avvisi  di  garanzia.  In  pochi  giorni  Spada  aveva

              redatto  un'informativa  di  chiusura  indagini  che  pesava  come  un
              macigno  su  tutta  la  Chiesa  siciliana.  Quando  ci  arrivarono  i
              provvedimenti  ci  mettemmo  un  giorno  e  una  notte  per  preparare  le

              centinaia  di  buste  con  le  notifiche  per  gli  indagati.  Imbustammo  e
              armammo la carica.  E l'indomani sganciammo quella  bomba atomica
              sulla Sicilia.

                 Chiedemmo aiuto ai colleghi di mezza isola, ma a Vassallo pensai io
              personalmente. Andai a casa sua alle otto del mattino; i suoi figli erano

              pronti per andare a scuola. Colazione fatta, madre che sparecchiava. E
              lui,  Vassallo,  detto  “il  Mattatoio”,  seduto  a  tavola  che  si  leggeva  il
              giornale. Lo vedevo dalla finestra della villetta. Suonai.

                 «Polizia.» La signora fece la faccia schifiàta. E certo, moglie di un
              mafioso. Non potevo dirle che era anche la moglie di uno stupratore,

              altrimenti Loredana e Milena avrebbero rischiato.
                 Perciò dovevo fare finta che suo marito fosse solo un uomo d'onore

              pezzo di merda.
                 Vassallo arrivò e rise: «Proprio ora? I miei figli stavano andando a

              scuola».

                 «Giusto in tempo allora» risposi, «così oggi faranno un bel tema sulla
              mafia.»

                 «E mi dispiace, ma oggi hanno il tema sugli sbirri che non si fanno
              mai i cazzi loro.» Faceva lo spiritoso.

                 «Errore ci fu. Controlla qua» gli dissi mostrandogli la notifica. «Oggi
              a scuola si parla di mafia, preti, santi e Regione Sicilia. E c'è pure la
              gita al carcere.»

                 La  sua  faccia  avvampò  e  le  vene  del  collo  gli  si  drizzarono  come

              canne. Ma ancora riusciva a tenersi.
                 «Hai finito di babbìare, ora? Non ridi più?» continuai. Serviva ancora

              una piccola spinta.
                 Vassallo si lanciò su di me: era quello che volevo. Lo lasciai colpirmi
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