Page 158 - Sbirritudine
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mangiare fuori. Una pizza e un gelato, poi andammo al mare. Era stata
una giornata perfetta. Ci erano voluti anni per arrivarci, ma Prezia era
tornata a respirare. E anch'io.
Il giorno dopo, ci pensò la Patania a rovinare tutto. Mi chiamò in
commissariato e mi chiese di passare da lei quella sera, subito dopo la
fine del turno. Suonai a casa sua che erano le nove. Mi accolse già
incazzata: «È questa l'ora di presentarsi?». Adesso le si vedeva la
pancia. Aveva i tratti del viso ammorbiditi dalla gravidanza, era più
donna. Ma la sua espressione era sempre quella di una iena pronta a
sbranarti.
Le dissi che ero stanco, che non avevo voglia di discutere. Quando
mi fece accomodare in casa, vidi un'ombra che si muoveva nella stanza
accanto, attraverso la porta socchiusa del salotto. Chi c'era lì? Il suo
compagno poliziotto? O qualcuno dei suoi amici mafiosi? La Patania
cercava di dominarsi. Non riuscivo a capire cosa la rendesse così
nervosa. Fece il giro largo: mi disse che era contenta di sapere che
stavamo facendo il nostro dovere e che stavamo dando il nostro meglio.
Disse che uno straniero, uno che veniva dal Nord come Spada, così
avrebbe capito di che pasta eravamo fatti noi siciliani. E, una volta che
se ne fosse tornato a casa, ci avrebbe fatto una buona pubblicità.
«Non capisco dove vuole arrivare» la interruppi.
«Da nessuna parte» disse. «È solo che ci sono rimasta male, dato che
tutto questo fervore investigativo quando c'ero io non ce lo mettevate.»
Ma che minchia voleva che le dicessi? Che visto che se la faceva con
la mafia era impossibile per noi avere lo stesso “fervore investigativo”
che avevamo con Spada? Che era lei che rompeva i coglioni su tutto?
Che dovevamo quasi pregarla per chiamare i magistrati e sostenere le
nostre indagini? No, voleva qualcos'altro.
«Non so di cosa stia parlando» risposi.
Lei avvampò e alzò la voce: «Io sono il tuo dirigente, non te lo
scordare! Tu non mi parli così».
«Da quando abbiamo iniziato a darci del tu?» chiesi con tono calmo.
«Smettila! Tu stai rischiando grosso!» Girava per la stanza come una
furia. Se fosse stata in ufficio qualcosa l'avrebbe fatta volare, ma lì, in
casa sua, si tratteneva. Era tutto così perfetto, con tutti quei cazzo di
animaletti di ceramica appoggiati su mensole, tavolini e ripiani. Pareva