Page 157 - Sbirritudine
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Un giorno io, Cripto e Tacconi ci fermammo in un bar della piazza,
              uno di quelli frequentati di solito dai  mafiosi. Eravamo stufi di caffè

              stantìato e cornetti confezionati per colazione. Quando entrammo, con
              le  barbe  lunghe,  le  occhiaie  e  gli  abiti  sgualciti  che  sembravamo  tre
              zombi, ci parve di essere in Germania: famiglie con bambini, coppiette,
              nonni  con  i  nipotini,  mariti  e  mogli,  gruppi  di  amici.  Parlavano.

              Ridevano.  Giocavano.  Prezia  si  stava  svegliando.  Quella  era  la  vera
              primavera.

                 Ci  sentivamo  quasi  di  troppo,  lì  dentro;  Cripto  mi  fece  segno  di
              uscire.  E  invece  scoppiò  un  applauso.  Io  e  Tacconi  ci  guardammo
              sbalorditi.  Un  signore  anziano  ci  venne  incontro  e  ci  disse:  «Bravi,

              continuate così». Una signora ci indicava facendo segno al marito, che
              ci sorrise. Un bambino mi venne vicino e mi tirò per la maglietta unta e
              stropicciata. Mi chinai su di lui. «Come si fa a diventare poliziotto?» mi

              chiese.
                 Cripto aveva gli occhi lucidi: tutta quella fatica non era stata sprecata.

              Davanti a noi c'era quello che Prezia sarebbe potuta diventare se noi
              avessimo  continuato  a  fare  il  nostro  lavoro.  Tutti  i  miei  dubbi,  le
              incertezze e le incazzature sparirono. Volevo andare a casa a prendere

              mia moglie e mio figlio, per portarli lì e far vedere loro che cosa stavo
              facendo: era quello il motivo delle mie assenze.

                 Tornati in commissariato eravamo più carichi che mai. Quando arrivò
              Spada  gli  restituimmo  parte  dell'applauso  che  ci  eravamo  presi.  Lui
              all'inizio si sentì sfottuto ma poi, quando gli spiegammo, ci disse che

              avrebbe contribuito anche lui alla nostra felicità. Aveva  mantenuto la
              promessa, si era preso qualche giorno per esaminare da cima fondo le
              fotocopie  del  dossier  sulla  cooperativa  Sole.  Dato  che  ci  sapeva  fare
              con documenti, registri e burocrazia, ci disse che su un paio di punti era

              incerto se ci fosse rilevanza penale,  ma il novantanove per cento del
              lavoro  investigativo  gli  sembrava  eccellente.  Spiegò  che  aveva  fatto
              qualche  telefonata  e  che  presto  l'indagine  sarebbe  ripartita.  Ci  fu  un

              boato. Con il dossier Sole potevamo attaccare Cosa Nostra anche dal
              fronte  politico.  Li  avremmo  accerchiati,  non  avrebbero  più  avuto
              nessuno sfogo. La mattanza, stavolta, la conducevamo noi.

                 «Così diamo un colpo al cerchio e uno alla botte» disse Spada.

                 «E dopo il vino ce lo beviamo tutto noi» concluse Tacconi.

                 Quella  sera  tornai  a  casa  presto.  Portai  mia  moglie  e  mio  figlio  a
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