Page 152 - Sbirritudine
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complimenti e propose di andare a berci qualcosa insieme, offriva lui.
Io gli dissi che di solito, dopo un'operazione conclusa con successo, io e
i ragazzi ce ne andavamo in una nostra spiaggetta per far sbollire
l'adrenalina e cazzeggiare un po' prima di tornare dalle nostre famiglie.
Lui chiese scusa: non era nemmeno arrivato e già si sentiva parte del
gruppo. «Andate, tranquilli, ci vediamo domani.»
Quell'atteggiamento di rispetto per noi, quel provare a capirci e
quello stare un passo indietro, mi spinsero, più di tutte le parole e i
discorsi che ci aveva fatto, a fidarmi di lui. Era un ragazzo, ma non
aveva esitato. Quando mai un dirigente era venuto con noi a operare in
strada? Gli dissi che, se gli andava, poteva venire a festeggiare con noi.
Gli avremmo offerto noi da bere, per stavolta. Si illuminò, e mi rividi in
quel sorriso. Mi rividi all'inizio della carriera, quando ero di pattuglia
con dei colleghi che si fottevano la roba invece di arrestare la gente.
Rividi l'entusiasmo.
Io finora, sul lavoro, avevo beccato un sacco di gente di merda, e la
disillusione mi aveva quasi spezzato. Spada invece era puro. Ma aveva
voglia di fare. Con un dirigente come lui, uno che era davvero dalla
nostra parte, uno che parlava la nostra lingua, la squadra investigativa
di Prezia poteva spaccare il culo a Cosa Nostra. Quella sera, alla
spiaggetta, ci scolammo diverse birre e mangiammo patatine e panini
con la mortadella. Anche se a casa ci aspettavano le famiglie. Quei
momenti servivano a fasàrci fra noi, ci facevano diventare gruppo.
Spada si scolò una bottiglia da due litri di Coca-Cola. Lui non beveva e
non fumava; aveva una fidanzata a Roma, la stessa da una vita, e faceva
molto sport. Arrampicate, nuoto, corsa e immersioni. Gli feci notare che
erano tutti sport solitari e lui restò colpito: «Non ci avevo mai pensato»
ammise.
Ridemmo molto, tutti insieme. Ci prendemmo in giro. Stabilimmo
che ci saremmo dati del tu, ma non davanti agli altri del commissariato,
altrimenti lui che figura da dirigente ci avrebbe fatto? A fine serata,
prima di andare via, venne da me e mi disse che aveva passato la
giornata più da poliziotto della sua vita. Si era sentito a casa, lì a Prezia,
come non gli era mai successo nemmeno a Roma o a Milano. Quella
notte, mentre tornavo a Bonifacio, pensavo a lui. Un ragazzo normale,
senza capacità particolari, senza vizi, fidanzato da una vita. Uno come
migliaia, o forse milioni. Ma sono proprio le persone normali quelle che
possono davvero cambiare le cose, pensai.