Page 147 - Sbirritudine
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un punto su uno scoglio che era sotto la villa: da lì era facile vedere una
              parte  del  giardino.  Mi  arrampicai  sul  costone  e  raggiunsi  la  base  del

              patio  esterno,  che  poggiava  su  dei  piloni  come  una  palafitta.  La
              recinzione correva tutto intorno, ma era sollevata di qualche centimetro.
              Così,  da  sotto  si  poteva  vedere  perfettamente,  e  al  buio  nessuno  ci
              avrebbe notati. Certo, arrampicarsi fin lì di notte era un'impresa e, per

              di più, per arrivare alla caletta senza essere visti dalla villa saremmo
              dovuti passare dal mare. Ma forse valeva la pena tentare.

                 Il  pomeriggio  andai  a  trovare  la  sedicente  Giovanna  De  Rossi,
              l'accompagnatrice  dell'avvocato.  Viveva  in  un  piccolo  monolocale  di
              Porto  Restivo,  ma  quando  mi  aprì  la  porta  mi  chiese  di  andare  da

              un'altra parte. La feci salire sulla mia macchina e ci spostammo verso
              Palermo, in autostrada. Le dissi che sapevamo delle feste a luci rosse,
              ma  non  ci  importava  delle  ragazze:  volevamo  i  nomi  degli

              organizzatori.  Lei  scoppiò  a  piangere.  Mi  disse  che  veniva  dalla
              Romania  e  che  non  ce  la  faceva  più,  ma  trovare  lavoro  in  Italia  era
              impossibile.  I  suoi  genitori  avevano  contratto  un  debito  enorme  con
              della gente poco raccomandabile in patria, e lei doveva assolutamente

              ripagarlo.  Le  dissi  che  avrei  fatto  il  possibile  per  aiutarla,  ma  avevo
              bisogno di nomi. Mi rispose che non conosceva nessuno: lei e le altre si
              muovevano  in  gruppo  di  paese  in  paese.  Ci  restavano  un  mese  al

              massimo  e  poi  cambiavano  aria.  Era  una  specie  di  circo,  disse  così.
              Solo  che  invece  di  tigri  ed  elefanti,  era  lei  una  delle  attrazioni
              principali.

                 Facevano tre feste a settimana. Qualcuno affittava una villa, trovava
              alle ragazze un posto per dormire, dava loro dei soldi per la spesa e dei

              vestiti per l'occasione. Ogni serata era a tema, quindi loro si dovevano
              vestire da suore, infermiere, collegiali, poliziotte. Una di loro faceva da
              referente per il gruppo che le controllava. I clienti erano tutte persone

              importanti, e la serata funzionava come un rave. Ci si passava l'invito
              solo tra persone fidate. Non le dissi che tra le persone fidate c'era anche
              Casco.

                 «Con Prezia ormai abbiamo finito» disse. Mancavano solo due serate.
              E una sarebbe stata quella notte.

                 Arrivati  a  Palermo  girai  e  mi  infilai  di  nuovo  in  autostrada.  Le
              proposi di denunciare tutto e liberarsi, ma lei mi rispose che quelle che

              ci avevano provato erano finite male. Peggio di come sei messa?, avrei
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