Page 143 - Sbirritudine
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«Vedrai. È una furba. Ha capito che sulle tue spalle può camparci a
              sbafo. Prima ha sfruttato noi e ora voi.»

                 Ero frastornato. Tentai un'ultima difesa: «Non hai prove di quello che
              dici, non è possibile».

                 «Aspetta  qua.»  Uscì  dalla  stanza.  Mancò  per  qualche  minuto.  Poi
              tornò come una furia con una foto in mano. La tirò sul tavolo. Era di

              una  grigliata  in  campagna.  Un  compleanno,  forse,  o  una  festa
              comandata.  C'era  Agatino  Tortorici  con  la  moglie.  C'era  il  padre  di
              Baldo  Colonna.  C'era  Baldo.  C'erano  altri  uomini  d'onore  che

              conoscevo. C'era Salvo Passalacqua, quello che aveva schiaffeggiato il
              mio collega Lo Re. E poi c'era lei: Rosalia Patania. Rideva. Aveva la
              bocca sporca di olio e davanti a lei c'era un piatto con una costoletta di

              maiale. Aveva un vestito a fiori e una collana di perle, i capelli appena
              fatti  dal  parrucchiere.  Le  dita  unte  di  grasso  di  porco  luccicavano  al
              sole. Sembravano tutti soddisfatti per la bella mangiata.

                 Mi  sentivo  come  se  mi  avessero  lanciato  a  cento  all'ora  contro  un
              muro.  Mi  facevano  male  la  faccia,  le  mani,  le  gambe,  lo  stomaco,  i

              capelli. Ero ammartucàto della bella. Mi alzai dalla sedia. Colonna non
              disse niente, io nemmeno. Fuori, l'aria ghiacciata della notte mi venne
              addosso  come  un'onda.  Mi  sentivo  sott'acqua,  stavo  affogando.  Non
              capivo  dov'era  il  sotto  e  dove  il  sopra.  Raggiunsi  la  mia  macchina  e

              Colonna, da dentro casa, aprì il cancello con il telecomando.

                 Una volta fuori dalla villa rimasi avvinghiato al volante come a un
              salvagente. Ma dove cazzo vado ora?, mi chiesi. Come faccio adesso?
              Il dirigente Scimò era uno che subiva i boss, uno che aveva paura di
              loro perché il figlio tossico lo rendeva ricattabile. Era un debole e si

              lasciava umiliare. Ma la Patania era una che sfruttava tanto i mafiosi
              quanto i suoi colleghi. Voleva fare carriera senza fare il suo lavoro. Se
              ne fotteva di Colonna e degli altri. Se ne fotteva di me. Pensava solo a

              se stessa. Ma come credeva di arrivare fino in fondo? Non capiva che
              rischiava  grosso?  Non  aveva  paura?  I  poliziotti  corrotti  che  avevo
              incontrato  finora  volevano  solo  arricchirsi  vendendosi  al  migliore
              offerente, che in Italia è sempre la criminalità organizzata. Lei no. Lei

              voleva il potere per il potere.

                 Non  avevo  capito  niente  di  lei. A  partire  dal  primo  giorno,  avevo
              sbagliato tutto.
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