Page 140 - Sbirritudine
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Lei mi fissò. «Lo chiedo io a lei come è andata con Colonna.»

                 «Che vuole dire?»
                 «Lei è andato a casa sua a sequestrargli delle armi, no? È stato da lui,

              ci ha parlato, no?»

                 «Sì» risposi.
                 «E di questa conversazione non mi ha parlato.»

                 «Non ci siamo detti niente di particolare.»

                 «Bene» continuò lei. «Neanche a me, quando è venuto qui, ha detto
              niente di particolare. Ma si ricordi una cosa: sono io il dirigente. È lei

              che  deve  aggiornare  me,  non  viceversa.  È  chiaro?»  Minchia.  Aveva
              tirato fuori di nuovo le palle: eccolo, il màsculu. Voleva farmi capire
              che comandava lei, e io ci dovevo stare. Non risposi nulla, mi alzai in

              piedi.
                 «Spero che quello che è successo non pregiudicherà i nostri rapporti»

              concluse, e mi tese la mano. Io gliela strinsi e uscii.
                 Pensava  di  avermi  messo  a  posto.  Un  cazzo.  Quella  storia  non  mi

              andava giù. Che cosa sapeva? In che rapporti era con Colonna? Perché
              tenermi fuori? Se lui era un suo informatore lo dovevo scoprire. Questa
              segretezza  mi  infastidiva.  L'unica  strada  era  tornare  a  parlare  con

              Baldo: in fondo lui un paio di cose  me  le aveva dette. Avrebbe pure
              potuto  starsi  zitto,  visto  che  gli  piaceva  tanto  starsene  muto,  eppure
              aveva voluto farmi sapere che la Patania gli aveva detto che ero stato io

              a  far  scattare  il  sequestro  delle  sue  armi.  Decisi  di  andare  da  lui.
              Stavolta non avevo bisogno di scuse ufficiali.

                 Quella sera mi piazzai davanti alla sua officina poco prima dell'orario
              di chiusura e aspettai che uscisse. Quando mi vide, fece solo un cenno
              con  la  testa.  Ma,  se  il  suo  sorriso  della  prima  volta  era  stato

              imperscrutabile,  stavolta  quel  gesto  mi  pareva  di  essermelo  sognato.
              Che dovevo fare? Mi misi in macchina e aspettai che lui salisse sulla
              sua. Partì e io lo seguii. Mi sentivo un pazzo. Guidammo fino alla sua
              villa. Aprì il cancello automatico ed entrò nel viale d'accesso. Lo seguii

              anche  lì.  Vaffanculo.  Mi  aveva  visto  dietro  di  lui  per  tutta  la  strada.
              Quando si fermò davanti all'ingresso, mi accostai a lui e aspettai. Lui
              scese dall'auto e spalancò la porta. Uscii dalla mia macchina e una volta

              davanti alla casa pensai: Minchia, la pistola è nel cruscotto. Stavo per
              tornare  indietro,  ma  rischiavo  di  perdere  quell'occasione.  D'istinto
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