Page 135 - Sbirritudine
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Era ora di cena quando suonai a casa di Baldo Colonna. Cripto era
              con me.

                 «Ma quanto minchia è grande questa villa?» mi chiese.

                 Noi eravamo dietro il cancello, alto almeno tre metri. Tutto intorno al
              terreno  dell'abitazione  correva  un  muro  altissimo,  di  cemento.
              Sentimmo dei cani abbaiare in lontananza, come se fossero a centinaia

              di metri da noi. Poi, un uomo rispose al citofono. Ci qualificammo. La
              voce disse di entrare, il cancello si aprì. E ci apparve una foresta. Pini
              altissimi, abeti, cipressi. Un  meccanico se lo sognava un posto come

              quello. Ci addentrammo fino a quando non vedemmo una luce in fondo,
              in mezzo agli alberi. E lì, sulla porta di ingresso, c'era Baldo Colonna
              che  teneva  al  guinzaglio  due  cani  enormi.  Una  sola  di  quelle  bestie

              avrebbe  potuto  atterrare  un  uomo  senza  molti  sforzi.  Colonna,  che
              pareva  alto  e  inquartato  come  uno  dei  suoi  alberi,  li  teneva  a  freno
              entrambi, quasi con noncuranza. Sembrava calmo. Ci chiese un attimo
              per chiuderli nel loro recinto e, quando tornò da noi, ci invitò a entrare

              in casa.

                 Ci fece accomodare nel salone. L'enorme camino in fondo alla stanza
              era grande come l'entrata di una galleria; per il resto, era chiaro che a
              Colonna  di  arredamento  o  belle  cose  non  gliene  importava  niente.
              C'erano solo mensole di cemento che reggevano delle foto, un paio di

              divani dall'aspetto molto scomodo e un tavolo anonimo con delle sedie
              spaiate. Gli spiegai che dovevamo sequestrargli le armi che deteneva
              legalmente  in  casa,  e  lui  senza  mostrare  alcuna  sorpresa  si  avvicinò

              all'unico armadio a parete che c'era, lo aprì, prese le armi e le porse a
              Cripto  una  a  una.  Un  fucile  a  pompa  Bernardelli,  una  38  Smith  &
              Wesson, una Beretta calibro 9 e una Glock 9 millimetri automatica.

                 «Un meccanico in assetto di guerra» commentai. Lui non disse nulla.
              «Teme che chi ha ucciso suo padre possa infastidirla?» chiesi allora.

                 Mi fissò con i suoi occhi gelidi: «Sono pronto a dargli il benvenuto».

                 «Ora non più» replicai io, sorridendo. Sapevo che doveva avere altre
              armi non denunciate in casa, ma per cercarle avrei avuto bisogno di un

              mandato  di  perquisizione.  Lui  mi  sorrise  di  rimando.  Cioè,  fece  una
              smorfia impercettibile che presi per un sorriso.

                 «Comunque, se ha dei sospetti non esiti a contattarmi» gli dissi. Io e
              Cripto  ce  ne  andammo.  Purtroppo  quell'incontro  era  stato  un  buco
              nell'acqua.  L'indomani,  al  lavoro,  feci  una  riunione  con  i  colleghi.
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