Page 131 - Sbirritudine
P. 131
«Andiamo» disse Cripto.
«Mi sembra di non vedere un'anima viva da ore.»
«Che ci facciamo ancora qui?» Tacconi fremeva pure lui.
«Amunì» ripetè Cripto. Non riuscivo più a trattenerli: aspettavamo la
chiamata del magistrato da un momento all'altro. Per giorni e giorni
avevamo verificato ogni dichiarazione di Pitafi parola per parola. Ogni
virgola, ogni accento, ogni apostrofo. Pitafi aveva detto la verità su
tutto, non aveva dimenticato dettagli o impastàto i fatti. Ci aveva aperto
un mondo, con il suo pentimento. Ora le manovre dei corleonesi
emergevano in tutta la loro evidenza: legami, accordi, tragedie, omicidi,
ricatti. La loro era stata una guerra sistematica per il potere, una guerra
contro Cosa Nostra stessa. In trent'anni avevano ucciso tutti i capi e
tutte le teste pensanti. Forse quello che mi aveva detto Pitafi era vero, la
mafia era stata democratica un tempo. Ma ora di certo non lo era più.
Ne erano venuti fuori cinquantacinque mandati di cattura per fatti
criminali avvenuti tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta. Eravamo lì in
commissariato ad aspettare la chiamata. Fremevamo tutti. Mordevamo
il freno. E invece ricevemmo una visita, due carabinieri che vennero a
parlare con il dirigente. Li vidi solo quando uscirono dall'ufficio della
Patania: erano Giovanni Rizzitelli e Calogero Patalèo. Di nuovo loro. I
due eroi della lotta alla mafia ingramagliàti con pezzi di Cosa Nostra,
usciti puliti dalle indagini che avevo avviato contro di loro.
Entrai come una furia dalla Patania: «Che storia è? Che ci fanno
quelli qui?».
Mi disse di stare calmo e di chiamare gli altri della squadra
investigativa. Mentre li aspettavamo, la Patania faceva avanti e indietro
nella stanza. E pensava. Minchia. Capii che stava per scoppiare una
bomba. E infatti, quando arrivarono gli altri, iniziò a farci i
complimenti per Pitafi, per come avevamo condotto le indagini, per
come avevamo gestito la situazione. La interruppi. Non ce la facevo
più, le chiesi di arrivare al punto. E ci arrivò. Spiegò che i magistrati
avevano deciso di affidare l'esecuzione dei mandati di cattura ai
Carabinieri.
«Anche a loro?» chiese Tacconi.