Page 129 - Sbirritudine
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continuava  a  restare  lontano.  Noi  eravamo  necessari.  Noi  servivamo
              ancora a gestire il potere. All'inizio ci furono delle incomprensioni. Ci

              diedero la caccia, e noi entrammo in clandestinità. Eravamo soldati di
              un esercito segreto, ma prima di tutto eravamo fratelli: legati tutti a una
              famiglia  che  non  ti  abbandona,  che  ti  protegge  e  che  ti  aiuta.  Ci
              nascondemmo fino a quando a  questi uomini del Nord non fu chiaro

              che senza di noi non c'era modo di gestire il potere in Sicilia. Il potere
              lo gestisci con la forza, con l'esercito. E noi eravamo lì. Eravamo un
              esercito con i gradi, le armi e la conoscenza del territorio. Ma eravamo

              nascosti  e  invisibili,  così  loro  si  convinsero  che  ci  avrebbero  potuto
              usare per i loro scopi. Invece eravamo noi a usare loro.»

                 Era tutto rosso. Gli piaceva dire queste minchiate.

                 «Forse è come dici tu» gli dissi. «Io so solo che la mafia ha ucciso
              molta gente, gente che voleva il bene della Sicilia. La mafia ha rovinato
              la Sicilia e ci ha tenuto sottosviluppati. Forse eravate dei fratelli o dei
              soldati o dei sensali, ma ora siete solo dei criminali. E secondo me lo

              siete sempre stati. Nessuno di voi è ricordato come un uomo di cultura,
              nessun uomo d'onore è stato pittore, scrittore, scienziato, medico o una
              qualunque  professione  utile  alla  gente.  Siete  tutti  assassini.  E

              spacciatori. Ed estorsori.  E torturatori.  Sarebbe questo il servizio che
              rendete alla gente?»

                 Saro mi guardava. Era imbestialito. Ma non me ne fotteva un cazzo.
              Poteva incazzarsi quanto voleva. Poteva pure ripensarci e tornare alla
              sua vecchia vita. Ma io me ne sbattevo delle sue teorie sulla mafia e

              sulla  sua  funzione  costituzionale  di  'sta  gran  fùncia  di  minchia.  Se
              voleva se ne poteva andare via subito da quella cazzo  di villetta con
              giardino  che  io,  con  il  mio  lavoro,  gli  stavo  pagando.  Se  ne  poteva
              andare, certo… e dopo due passi lo avrebbero accoppato. Ecco, questa

              era  la  sua  mafia.  Non  glielo  dissi.  Lui  iniziò  a  tremare,  come  un
              vulcano sul punto di eruttare, poi afferrò un altro vaso e lo lanciò contro
              il muro della villa. Vaffanculo, pensai. Sfascia tutto. È l'unica cosa che

              tu e i tuoi “fratelli” mafiosi sapete fare.
                 Poi si calmò e tornò a respirare normalmente. Rientrò in casa e andò

              a dormire. Non mi parlò più fino al giorno della mia partenza, quando
              preparai la sacca, salutai Caterina e i bambini e uscii in giardino con
              Cripto. Saro era lì. Mi avvicinai e gli tesi la mano.

                 «Se  hai  bisogno  di  qualunque  cosa  chiamami»  gli  feci.  Non  se  lo
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