Page 128 - Sbirritudine
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crede più nessuno» gli ricordai.

                 Lui mi guardò. «Ci credo io» mi disse. «Che sono ora? Non sono più
              un uomo d'onore. E non sono nemmeno un uomo. Come posso crescere
              i miei figli?»

                 «Non  c'è  solo  la  mafia. Tu  sei  vissuto  lì  dentro  e  credi  ci  sia  solo
              quella, ma per i tuoi figli è diverso.»

                 «Lo so. Loro non sono come me.» Si avvicinò a uno dei vasi in cui
              Caterina aveva piantato dei gerani e lo colpì con un calcio mandandolo

              in frantumi.  «Ho distrutto tutto per mia  moglie e ora  lei si  comporta
              come se non esistessi. O sta con i figli o se ne viene qui in giardino.»

                 «Le  devi  dare  tempo»  dissi.  «Stai  facendo  la  cosa  giusta,  ma  lo
              sapevi che era difficile. Ora ti sembra che non servi a niente, ma quello
              che hai detto al magistrato ci sta aiutando. Per noi è fondamentale. Ti

              sembra di essere inutile, ma non è vero.»

                 Rimase  in  silenzio.  «Tu  lo  sai  come  è  nata  la  mafia?»  mi  chiese
              all'improvviso.

                 «No» risposi.

                 «A  me  queste  cose  interessano.  La  storia,  come  è  iniziato  tutto,
              perché. Ne parlavo sempre con mio suocero, e lui ne aveva parlato con
              suo  padre.  Ho  letto  tanto  in  carcere.  I  libri  sulla  mafia  sono  tutte
              minchiate, sono pieni di politica e sono di parte. Non dicono la verità.

              Cosa  Nostra  svolge  un  ruolo  fondamentale,  andrebbe  messa  nella
              Costituzione.  La  mafia  un  tempo  era  democratica,  anche  se  ora  ha
              smesso di esserlo. Colpa dei corleonesi e dei loro padroni, che volevano

              il  potere  assoluto…»  In  quanto  uomo  d'onore  voleva  una  storia,  una
              leggenda  che  giustificasse  il  suo  comportamento.  Lo  guardavo
              chiedendomi quanto ci fosse di vero nel suo racconto.

                 «Gli uomini d'onore sono dei sensali» proseguì poi. «Mediano tra il
              potere  e  la  gente.  In  Sicilia  il  potere  è  sempre  stato  a  migliaia  di

              chilometri. In Germania, in Spagna, in Francia, in Inghilterra. I nobili
              siciliani  erano  soli,  re  delle  loro  terre.  E  come  i  re  si  dovevano
              difendere, e ognuno aveva il suo esercito. La Sicilia era un'unione di
              feudi,  e  ogni  feudo  era  uno  Stato.  Un  regno  di  Stati.  E  noi  uomini

              d'onore eravamo gli uomini dello Stato, quello vero, quello che la gente
              vedeva  e  con  cui  aveva  a  che  fare.  Poi  venne  uno  Stato  nuovo,  con
              l'unità  d'Italia,  la  nobiltà  iniziò  a  crollare  e  le  cose  cambiarono.  Non

              c'erano  più  tanti  Stati,  ma  c'erano  sempre  tanti  eserciti.  E  il  potere
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