Page 116 - Sbirritudine
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occhi e la gola che gli bruciavano e circondato da decine di poliziotti.
              Alle due lo avevamo già portato in questura.

                 Renzo, Cripto, Tacconi e gli altri comprarono casse di birra e wurstel
              da fare arrosto sulla spiaggia. Ma erano tre giorni che non tornavo a

              casa, così decisi di non unirmi ai festeggiamenti. Quella notte guidai
              verso Bonifacio.




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                 Quella notte sapevo dove andare. Stasera, invece, sono sul lungomare
              di Cefalù senza sapere perché. Le auto con le coppiette sono sparite.
              Nel parcheggio c'è solo la mia  macchina. Avvio il motore e imbocco

              l'autostrada  in  direzione  Messina,  proprio  come  feci  allora.  Solo  che
              quella notte finì prima.




                 Di  ritorno  a  casa,  trovai  un  paio  di  valigie  fuori  dalla  porta.  Mia

              moglie  mi aveva buttato fuori, e aveva messo il fermo. Avrei dovuto
              suonare, svegliare lei e il bambino. Ci saremmo messi a litigare e, con
              tutta l'adrenalina che avevo in corpo, avrei detto quello che non dovevo.
              Oppure quello che non pensavo. Afferrai le due valigie, le caricai nel

              portabagagli  e  ripartii.  Vagai  a  lungo  per  le  strade  di  Bonifacio,  poi
              infilai l'autostrada e corsi, sempre dritto, fino a Messina.

                 L'alba mi beccò che ero ormai ritornato a Prezia. In commissariato
              iniziai  a  organizzarmi  per  recuperare  la  signora  Pitafi  a  Belgrado:
              sparire per qualche giorno mi sembrava la cosa migliore. Ero convinto

              che al ritorno io e mia moglie avremmo parlato con meno rabbia. Come
              se lei ragionasse come ragionavo io. Come se il nostro rapporto fosse
              un problema da gestire. Lo pensavo davvero. Che testa di minchia.

                 In  ogni  caso,  Pitafi  aveva  mantenuto  la  parola  e  ora  toccava  a  me
              tenere fede alla mia. Chiesi a Renzo di venire anche lui in Serbia, ma

              mi disse che aveva paura dell'aereo. Era una scusa. Non stava bene. A
              casa  di  Pitafi  aveva  bevuto  fino  a  stare  male  e  sempre  più  spesso  si
              presentava al lavoro con quell'aria stropicciata da fuggiasco che hanno
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