Page 113 - Sbirritudine
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tappo. Mentre se la portava alla bocca, ci ripensò. La richiuse e la posò
              a terra.

                 «Va bene» disse. «Io a loro gli ho dato tutto e non ho avuto niente.
              Vaffanculo  i  corleonesi,  vaffanculo  Cosa  Nostra,  vaffanculo  tutti.

              Rivoglio Caterina con me.»
                 Mi sarei messo a saltare come un pazzo, ma mantenni la calma.

                 «Vi do Luciano Imposimato, il nipote del vecchio boss che è passato
              con i corleonesi e che è latitante da otto anni.» Non riuscivo a credere

              alle  mie  orecchie.  Luciano  Imposimato  trattava  cocaina  ad  altissimo
              livello. Aveva venduto la sua competenza e i suoi contatti al migliore
              offerente quando era scoppiata la guerra tra le famiglie, e ora si trovava

              dal lato del vincitore. Si diceva che fosse in Argentina o in Brasile. Che
              ci  faceva  a  Prezia?  Lo  chiesi  a  Pitafi:  era  sicuro  che  fosse  lui?  Mi
              rispose che degli amici gli avevano raccontato di averlo incontrato per

              un affare. E si erano visti a Prezia.
                 «Dammi qualche giorno per organizzare la cattura. Poi parto per la

              Serbia» gli dissi.
                 Dopo  il  cambio  dell'auto  corsi  dalla  Patania,  che  stavolta  chiamò

              subito  il  questore.  Andammo  da  lui  con  il  fascicolo  di  Imposimato,
              ricercato  per  omicidio  preterintenzionale  e  traffico  di  stupefacenti.
              «Ottimo lavoro» commentò, dopo che l'ebbi aggiornato. Mi strinse la

              mano  e  mi  disse  che  aveva  già  parlato  con  il  procuratore:  avevo
              l'autorizzazione a partire per la Serbia a cattura del latitante avvenuta.

                 Con  Renzo,  Cripto,  Tacconi  e  gli  altri  studiammo  le  piantine
              aerofotogrammetriche della zona indicata da Pitafi. La villetta in cui si
              nascondeva  Imposimato  era  isolata  e  circondata  da  un  vigneto  molto

              esteso. Era impossibile avvicinarsi senza essere visti. Recuperammo un
              binocolo Celestron che ci permetteva di tenere d'occhio la casa da una
              baracca in cui avevamo stabilito la nostra base, a più di un chilometro

              di distanza. Ma il tempo passava e di Imposimato non c'era traccia. Le
              finestre erano oscurate e la porta di ingresso era sempre chiusa. Dopo
              sei giorni eravamo preoccupati. E se non era lì? E se Imposimato aveva

              cambiato  nascondiglio  dopo  l'incontro  con  gli  amici  di  Pitafi?  Come
              faceva  a  rifornirsi  di  generi  alimentari?  Era  chiaro  che  qualcuno  gli
              portava  da  mangiare  la  sera,  ma  non  si  vedeva  mai  nessuno  che
              passasse di lì.

                 Lo  stallo  durò  un  altro  giorno.  Doveva  esserci  qualche  tunnel  che
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