Page 110 - Sbirritudine
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li voleva salvare. Mi ha chiesto di scordarmi di lei per il loro bene. Due
              mesi fa sono uscito e l'ho cercata: sparita da Prezia. I nostri figli abitano

              dal  fratello  ormai  da  tre  anni.  Allora  ho  fatto  qualche  ricerca,  e  ho
              scoperto  che  ora  lei  è  in  Serbia,  sta  con  un  trafficante  di  droga.  Un
              canazzo di bancàta dell'Est.»

                 Raccontava  senza  rabbia.  Pitafi  l'amava.  Non  era  geloso.  «La
              rivoglio»  disse.  «Voglio  che  ci  andate  a  parlare,  che  la  convincete  a

              tornare qua da me. Io rivoglio lei e i miei figli.»
                 Renzo fissava il bicchiere vuoto che aveva tra le mani.

                 «Perché dovremmo farlo?» gli domandai.

                 Pitafi si alzò in piedi e andò alla finestra. Cercava le luci di Prezia
              all'orizzonte.

                 «Perché  salterò  il  fosso  e  vi  dirò  tutto  su  almeno  dieci  omicidi  di
              mafia irrisolti tra Prezia e Palermo. Mandanti, esecutori, armi. Io vi do

              gli omicidi e voi mi date mia moglie.»
                 La  rivoleva  indietro.  Non  ce  la  faceva  più  a  guardarsi  le  spalle,

              voleva  vivere  con  lei  in  pace.  Ecco  perché  Paola  aveva  deciso  di
              aiutarlo,  e  si  era  commossa  alla  caletta.  Perché  Paola  l'amore  non  lo
              avrebbe  mai  avuto.  Paola  non  sapeva  cos'era  l'amore,  ma  lo  capiva.

              Nessun uomo per lei avrebbe rinunciato a se stesso come Pitafi stava
              per fare per sua moglie. Paola che faceva arriminàre il sangue pure alle
              bestie, che poteva avere tutto e tutti, invidiava un boss finito e il suo
              amore.  Lo  invidiava,  ma  non  voleva  che  quel  fuoco  si  spegnesse.  Il

              sesso, la lussuria, il piacere passano, ma lei voleva credere che l'amore,
              invece, nonostante tutto, resta.

                 Risposi che ne avrei parlato con i miei capi. Non era una  cosa che
              potevo decidere da solo. Pitafi mi rispose che per lui andava bene, ma
              che dovevamo muoverci. Non voleva perdere altro tempo. Mi tese la

              mano mentre stavamo per uscire dalla stanza.

                 «Mi ha dato la sua parola» mi disse. Gli strinsi la mano. Una volta
              fuori, Renzo si avvicinò a un albero e vomitò. Lo aiutai a salire in auto
              e insieme tornammo a Palermo per consegnare l'auto a noleggio. Una
              volta  a  Prezia,  lasciai  Renzo  a  casa  e  andai  dritto  dal  mio  nuovo

              dirigente.  Abitava  in  una  villetta  poco  fuori  dal  paese.  Suonai
              ripetutamente. Erano le due di notte. La Patania mi venne ad aprire e mi
              stupii di vederla in vestaglia: ero convinto che non ne avesse una, me la

              immaginavo  al  massimo  con  una  giacca  da  camera.  La  sua  faccia
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