Page 10 - Sbirritudine
P. 10
che a Ezio Cantisàno, capomafia di Bonifacio. Un funerale di Stato gli
hanno fatto a quel bastardo. E mio padre se n'è dovuto stare lì a vedere
sfilare davanti al tabùto del boss tutti quelli che lui avrebbe voluto
arrestare. Capidecina, politici, capimandamento, imprenditori, picciotti,
preti e uomini d'onore. Se n'è stato lì tutto il giorno, così come gli era
stato ordinato.
La sera, tornato a casa, ha spaccato il tavolo della cucina con un
pugno. Mia madre non ha detto una parola e l'ha aiutato a raccogliere i
pezzi di legno. La prima e ultima volta che l'ho visto incazzato. Io al
suo posto, al funerale, avrei piazzato microspie e telecamere
dappertutto e avrei provato a incastrare quei porci, ma soprattutto i miei
superiori conniventi.
Non abbiamo mai parlato molto. Di lui mi ricordo i silenzi. Stava
sempre zitto. Adesso penso che era incazzato almeno quanto lo sono io,
solo che si controllava meglio. Quando è morto, il silenzio tra me e lui
si è fatto ancora più forte.
Mi ributto sul divano. Questa nottata è sversa. Mio figlio si alza e va
in bagno. Butta un occhio nel salone. Chissà che pensa di me. Mi dico
sempre che non devo ripetere l'errore che mio padre ha fatto con me. E
intanto il silenzio tra noi cresce.
Metto il volume della tv a zero e guardo solo le immagini. Mi piace
vederla senza audio. In sala-ascolto ho sentito troppe conversazioni tra
mafiosi fissando un muro bianco. Dopo che gli hai piazzato le cimici in
casa stai lì per delle ore a seguire quello che dicono. Parlano e parlano.
Della scuola dei figli. Degli anniversari di matrimonio dei genitori. Di
quella macchina là che è una bellezza. Impari a conoscere le inflessioni,
le indecisioni, quando hanno paura e si quartìano o quando sono eccitati
e fanno pomata al telefono con gli amici. Ho orecchio per queste cose
perché quando ero ragazzino lavoravo in una piccola stazione radio
locale.
Mio padre è morto che avevo tredici anni. Divorato dal di dentro.
Mia madre era a pezzi per il dolore, piangeva dalla mattina alla sera. Io
invece cominciai a pazziare e a fottermene del mondo intero.
Frequentavo i più sfasciati del paese, gli scoppiati e gli schifiàti. Avevo
un giro di amici che il più presentabile aveva già scontato almeno un