Page 6 - Sbirritudine
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gita delle bellezze della nostra isola. Ma quello era una taddarìta che
              non  la  finiva  mai  di  parlare.  Aveva  quel  tono  accondiscendente  e

              arrogante, di quelli che ti compatiscono perché vivi in terra di mafia e
              la colpa è tua che non ti ribelli. Lo carico in macchina e partiamo. E
              incomincio: qui è stato ammazzato tizio a colpi di lupara, qui c'era la
              raffineria  di  droga  più  grande  mai  scoperta  al  mondo,  qui  c'hanno

              messo  una  bomba…  Il  parente  se  n'è  voluto  tornare  al  Nord  la  sera
              stessa.

                 Era  una  testa  di  buàtta,  non  poteva  capire.  Ma  che  la  mafia  qui  è
              dappertutto,  questo  un  siciliano  lo  sente.  Noi  nasciamo  con  i  cinque
              sensi regolamentari e in più c'abbiamo quello per Cosa Nostra.

                 Sei sceso dalla macchina dopo che uno te l'ha inchianàta perché non

              si  è  fermato  allo  stop  e  tu  lo  capisci  subito  se  è  meglio  che  non  ti
              avvicini e ti stai zitto. Risali in macchina e te ne torni a casa muto muto.
              Perché lo senti nello stomaco che quello è pericoloso e che appartiene a
              qualche famiglia. Questo gli altri italiani non lo capiscono. Sono capaci

              di tirare subito fuori il CID, la penna e la patente e di finire fidduliàti a
              coltellate senza neanche avere il tempo di parlare.

                 A un siciliano che fa il poliziotto, il sesto senso per la mafia gli si
              affina ancora di più. Gli uomini d'onore la chiamano “sbirritudine”. Io
              ce l'ho all'ennesima potenza. Anche mio padre era poliziotto. Ha servito

              a  Bonifacio,  uno  dei  paesi  più  mafiosi  nella  storia  della  mafia.  Io  ci
              sono nato in questo paese. Ecco perché gli 'ntisi li sento a chilometri di
              distanza.

                 Anni fa, a Milano, in un locale ho visto uno, parlava con l'accento
              milanese  ed  era  vestito  come  un  lombardo  doc.  Sorrisi,  parole  e

              valigetta. Io però mi ero squietato. Non me la raccontava giusta, quello.
              Sentivo  che  era  uno  di  loro.  Per  come  si  muoveva.  Perché  loro  si
              muovono diversamente. Hanno un'aria diversa dagli altri, quell'aria là

              da scanazzati. Ogni gesto è un'offesa. Lo fanno apposta. E tu non te ne
              accorgi,  se  non  lo  sai.  Ti  disprezzano  pure  nel  modo  di  prendere  la
              tazzina del caffè. Ti guardano e ti considerano come una cosa inutile.
              Perché si reputano superiori. Migliori di te. Più sperti e intelligenti. Io

              ormai lo conosco bene il loro  modo di annacàrsi. Camminano piano.
              Nessuna fretta. Guardano sempre dritto. Non si  voltano  mai e non si
              guardano intorno, come se il mondo non esistesse. Le mani sempre in

              tasca.  Mai gesti inutili. Tutto nei loro  movimenti  è  sempre  calcolato.
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