Page 129 - Prodotto interno mafia
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Noi abbiamo il dovere di rifiutare questa complicità e di
ricercare la verità. Se un fedele mi chiede di essere confessato,
non posso certo controllare la sua fedina penale per capire se è
degno del sacramento. Lo verificherò quando si confessa. A Dio
non interessa se l’uomo che si presenta davanti a lui sia
innocente, mafioso, libero o incatenato: anche a un cattolico
devoto si può rifiutare l’assoluzione se non ricorrono le
condizioni previste.
Alcuni uomini di Chiesa hanno provato a fare chiarezza su
questo tema. Un caso su tutti è il priore della Confraternita del
Rosario Michele Virdò, che ha escluso gli ’ndranghetisti
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dall’Affruntata, le celebrazioni della Pasqua calabrese. Con
quella decisione Virdò ha veicolato un messaggio molto chiaro: è
inutile trasportare sulle spalle la statua del santo del paese se poi,
a processione finita, si torna a lavorare nel cono d’ombra del
crimine.
Chi ha intrapreso una strada mafiosa mantiene confidenza con
il comportamento criminale. È nostro dovere porgere la mano nel
momento in cui un uomo rischia di ricadere nel peccato. Se in
quel momento ti cerca non è per l’assoluzione, ma perché ha
capito che deve ridare un colpo d’ala alla sua vita e da solo non
ce la fa.
Nonostante tutto, non credo che un mafioso possa
strumentalizzare la figura del prete e usarla per recuperare
un’onorabilità che ha perso. Dubito che i mafiosi abbiano tanta
voglia di scherzare con Dio. Nel caso di padre Mario Frittitta,
l’errore fu diffondere l’immagine di un santo perseguitato dalla
giustizia, ma non ci fu alcun collateralismo provato in grado di
avallare una condanna penale di padre Mario. Fu imprudente il
suo agire ma non mi sento di condannarlo.
Proviamo a ripercorrere le fasi del rapporto tra Chiesa e
mafia e a ricercare quei momenti di incomprensione o
sottovalutazione del fenomeno mafioso.
Negli anni Quaranta e Cinquanta in Sicilia il crimine era uno
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