Page 125 - Prodotto interno mafia
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scomunicarono i mafiosi, ma non mi sembra che questo abbia
portato risultati evidenti nell’azione di contrasto a Cosa nostra in
Sicilia.
Sta dicendo che l’influenza della Chiesa sui mafiosi è
sopravvalutata?
L’errore di valutazione dipende dalla lettura sbagliata che
diamo a certi fenomeni: spesso si scambia per fede la religiosità
esibita attraverso la lettura della Bibbia, i santini in tasca o
l’altarino della Madonna in casa.
Dobbiamo liberarci dall’equivoco secondo il quale certe
ritualità spicciole possano indicare un convincimento religioso.
Un uomo che conosce e segue il Vangelo non può coniugare la
sopraffazione, l’omicidio, il latrocinio e il pizzo con la legge
morale. Può leggere la Bibbia, essere devoto ai santi, ai santini e
agli altari, ma la fede vera non può mai convivere con i peccati
di un mafioso.
Un esempio da manuale, in questo senso, ci viene dal boss
Pietro Aglieri, un criminale devoto, conoscitore attento e
scrupoloso della dottrina cattolica. Ex seminarista, era diventato
il numero due dei corleonesi ed è stato condannato all’ergastolo
per la strage di Capaci. Dopo l’arresto, la scoperta dei suoi diari
rivelarono una grande vita spirituale. La vicenda di Aglieri e del
suo consulente spirituale, il frate Mario Frittitta, che era solito
confessarlo e discutere con lui di teologia e Vangelo, provocò
molte domande nell’opinione pubblica.
Molte delle quali rimangono ancora senza risposta. Come
spiega un comportamento come quello di padre Frittitta?
Dal punto di vista di un uomo di Chiesa, la storia del boss
Aglieri potrebbe essere la traduzione esistenziale di quello che
scrive san Paolo nella Lettera ai romani: «Vedo il bene e
l’approvo, ma compio il male». Per capire una personalità cosí
complessa, dobbiamo però fare un passo indietro.
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