Page 122 - Prodotto interno mafia
P. 122
influenzò molto l’opinione positiva che ne aveva il cardinale
Pappalardo, per me grande punto di riferimento.
Che ricordo ha di don Pino Puglisi? Che uomo era?
Dai materiali del processo è emersa la figura di un prete
sereno che anche davanti al suo assassino non perse la
tranquillità. Quando Salvatore Grigoli lo fermò sotto il portone
di casa, quella sera del settembre 1993, Puglisi disse: «Vi stavo
aspettando», e sorrise. Quel sorriso parlava della sua serenità
interiore e del compatimento che provava per un uomo che stava
compiendo il gesto esecrando di ammazzare un altro uomo
inerme e indifeso.
Pino non era una persona dagli scatti impetuosi e improvvisi.
Era molto pacifico, un prete che combatteva per la giustizia e per
il riscatto dei deboli. Durante i dieci anni che ho trascorso a
Roma, dal 1997 al 2007, ho approfondito la vicenda del suo
omicidio che posso definire senza indugi un martirio. Ho seguito
le vicende processuali che si sono concluse con la condanna del
suo assassino, dei mandanti, i fratelli Graviano, e del commando
che lo aspettava sotto casa la sera dell’omicidio: Gaspare
Spatuzza, Nino Mangano, Cosimo Lo Nigro e Luigi Giacalone.
La decisione dell’arcivescovo Pappalardo di non costituire parte
civile la diocesi di Palermo fu molto criticata, ma io la sostenni.
Non eravamo una parte lesa che chiedeva un risarcimento,
volevamo solo che la giustizia facesse il suo corso. Puglisi aveva
donato la sua vita ed esercitato fino in fondo il suo ministero.
Non c’era niente da riscattare.
Sono stato postulatore della sua causa di beatificazione fino al
2009 quando le difficoltà di seguire con attenzione e regolarità il
processo, a causa dei miei impegni pastorali, mi hanno costretto
a passare la mano. Ancora non c’è un riconoscimento da parte
della Chiesa: il Santo padre non si è espresso per una
beatificazione per martirio, ma sono fiducioso.
Il suo impegno contro la mafia è diventato noto in tutta Italia
118