Page 120 - Prodotto interno mafia
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davvero avuto sul fenomeno malavitoso. Negli anni Cinquanta e
Sessanta, la Chiesa italiana non aveva capito come stava
cambiando la mafia, in che cosa mostruosa si stava
trasformando. Anche perché bisogna essere profeti per
indovinare sul momento che cosa sta avvenendo.
Uomini come don Puglisi hanno avuto il coraggio di rompere
questo silenzio. Per la Chiesa siciliana è stato l’inizio di un
percorso di riscatto inarrestabile o una parentesi di
indignazione?
Dopo il «Grande silenzio» arrivò la rivolta morale: la
tracotanza della malavita organizzata fu tale da obbligare gli
uomini di Chiesa a uscire allo scoperto. Le stragi, gli attacchi
allo Stato, le guerre tra mafiosi ci imposero di fare i conti con
essa e definire la mafia per quello che era davvero:
un’organizzazione sanguinaria che non protegge nessuno e non
dà lavoro a nessuno.
Cominciò cosí un cammino di denuncia che vide schierati in
prima linea tanti uomini di Chiesa, dal cardinale Pappalardo a
padre Ennio Pintacuda, protagonista della cosiddetta «primavera
palermitana» . La primavera ebbe grandissima eco nella società
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civile della città: ricordo le catene umane per le strade, i lenzuoli
bianchi ai balconi per dire no a Cosa nostra, l’indignazione, il
dolore e la rabbia dei cittadini. I mafiosi iniziarono a sentirsi
isolati, non godevano piú di quella copertura discreta del popolo
che non era connivenza, ma rassegnazione allo status quo. Si
avvertí finalmente il distacco tra opinione pubblica e criminalità.
La mafia era diventata un fenomeno estraneo e ostile.
Parlare di primavera anche per la Chiesa, implica che prima
ci sia stato un inverno.
Non possiamo valutare con i parametri di oggi i
comportamenti del passato perché è un approccio metodologico
sbagliato e pericoloso. Può darsi che tra dieci anni anche io, che
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