Page 118 - Prodotto interno mafia
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Ha parlato dell’esempio di vita offerto da don Puglisi. Ma che

               cosa ha insegnato alla Chiesa la sua morte?


                   L’omicidio di padre Puglisi cambiò anche la prospettiva da cui

               guardare il fenomeno mafioso. Certo, gli episodi di sangue che
               hanno  disegnato  la  storia  di  Palermo  dal  dopoguerra  in  poi  ci

               obbligavano  a  confrontarci  quotidianamente  con  il  fenomeno.
               Ma quello che capimmo fu che la mafia riguardava tutti, anche

               chi, come me, non aveva mai rischiato di finire coinvolto in una
               strage o subito minacce dirette o indirette.

                   I  funerali  celebrati  dal  cardinale  Pappalardo,  arcivescovo  di
               Palermo dal 1970 al 1996, diffusero in maniera chiara l’idea che
               davanti alla mafia non si potevano chiudere gli occhi, e che non

               si  poteva  avere  dei  mafiosi  una  considerazione  positiva,  non
               fosse altro per il disprezzo con cui trattavano la vita umana e la

               facilità con cui si sbarazzavano di quelli che intralciavano i loro
               piani.  La  mafia  è  sempre  stata  subdola  con  i  siciliani:  sa
               camuffarsi bene e confondere le idee.

                   A  Palermo  si  respirava  nell’aria.  Tutte  le  volte  che  veniva
               ucciso un magistrato, un giornalista o un mafioso appartenente a

               un  clan  nemico,  sulla  città  calava  un’atmosfera  tetra:  Palermo
               diventava silenziosa e cupa. Chi non era del luogo non poteva

               capire.  Neanche  i  giornalisti  ci  riuscivano.  Solo  chi  abitava  a
               Palermo  poteva  sentire  la  differenza  che  c’era  tra  un  giorno

               qualsiasi e quello dopo una strage, o quello del funerale di un
               affiliato  a  una  cosca.  Una  pesantezza  avvelenava  l’aria.  Tutto
               nella città – i palazzi, i volti, le strade – rifletteva la presenza di

               una matassa che opprimeva il vivere civile e religioso.
                   Poi a Palermo cominciarono a sfilare i cortei dei magistrati e

               degli  uomini  scortati:  furono  nuovi  segnali  della  presenza  del
               crimine  nelle  vene  della  città.  Quelle  camminate  dolorose

               sottolineavano una situazione di allarme, di guerra. L’operazione
               Vespri Siciliani, iniziata pochi giorni dopo l’omicidio di Paolo

               Borsellino e degli uomini della scorta, che portò le forze armate
               in Sicilia, fu una risposta fortissima dello Stato alla criminalità.





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