Page 117 - Prodotto interno mafia
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terribile  constatare  che  un  uomo  cosí  umile,  esile  e  poco

               appariscente  rappresentasse,  in  realtà,  una  minaccia  per  gli
               ambienti  della  malavita  organizzata.  Pino  faceva  paura  perché

               aveva capito che Cosa nostra non si sconfigge agitando l’insegna
               dell’antimafia, ma operando a stretto contatto con le persone.

                   Lo conobbi in seminario. Era direttore spirituale del seminario
               minore,  io  vicerettore  di  quello  maggiore.  Passavo  parecchio
               tempo  in  diocesi  e  Pino  veniva  a  trovarmi.  Capitava  spesso  di

               ritrovarsi in situazioni di distensione dove regnava la battuta, la
               risata,  il  commento  a  caldo  sulle  notizie  di  giornata.  Il  tempo

               trascorso  insieme  fu  molto  importante  per  tutti  noi  preti
               palermitani  perché  ci  consentí  di  conoscere  un  uomo  che

               avremmo pienamente apprezzato solo in seguito. Solo alla luce
               del suo sacrificio abbiamo riletto quello che Pino Puglisi è stato e

               ha fatto per Palermo, la Sicilia, l’Italia intera.
                   Quando  cominciò  a  lavorare  per  la  costruzione  del  Centro
               d’accoglienza  Padre  Nostro  a  Brancaccio  era  chiaro  che  aveva

               bisogno di tutto, ma non chiedeva mai: portava avanti il progetto
               con discrezione e grande determinazione. Tutta la diocesi sapeva

               che aveva bisogno di denaro. Quando riuscivamo a raccogliere
               delle  offerte  per  il  Centro,  Pino  ringraziava  due  volte,  con  un
               grazie esplicito per quello che aveva ottenuto e uno silenzioso,

               complice, perché gli avevi risparmiato una richiesta di aiuto.
                   Nei  mesi  che  precedettero  la  sua  morte  non  ci  accorgemmo

               delle difficoltà che stava attraversando. Continuavamo a vederci,
               a  parlare,  ma  non  realizzammo  che  era  in  pericolo.  I  giorni

               successivi  al  suo  omicidio  sentimmo  una  forza  che  ci  legava
               come  uomini  di  Chiesa,  di  ogni  età  e  provenienza.  Da  quel

               momento  la  figura  di  padre  Puglisi  ha  assunto  un  ruolo  di
               collante all’interno del presbiterio: anche chi, quando lui era in
               vita, non aveva condiviso le sue scelte, finí con il riconoscersi

               nella sua missione. Da lui abbiamo ereditato lo stimolo costante
               a essere una Chiesa che non si tira indietro, ma rimane fedele a

               un’immagine ecclesiale.







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