Page 119 - Prodotto interno mafia
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Non  condusse  a  risultati  significativi,  ma  ebbe  comunque  dei

               risvolti  positivi,  perché  segnò  un’inversione  di  tendenza  nel
               modo di intendere il rapporto col territorio: fu il riconoscimento

               del fatto che non si poteva sconfiggere Cosa nostra da Roma, ma
               che  bisognava  combatterla  laddove  nasceva  e  si  rinforzava.

               Quella  operazione  fu  anche  un  segnale  di  trasparenza  da  parte
               dello  Stato,  piú  volte  accusato  di  contiguità  con  il  potere
               mafioso.



                   Ha  affermato  che  fino  al  giorno  del  suo  omicidio

               l’atteggiamento  del  clero  palermitano  nei  confronti  di  padre
               Puglisi fu di freddezza. Perché?


                   Sarebbe  molto  equivoco  giudicare  oggi,  al  di  fuori  di  quel

               contesto, il lavoro di don Puglisi e la considerazione che ne ebbe
               il  clero.  Puglisi  si  era  messo  in  testa  di  liberare  il  quartiere

               Brancaccio di Palermo, controllato dai fratelli Graviano, legati al
               boss Leoluca Bagarella, che in seguito sarebbero stati condannati

               come mandanti del suo omicidio e delle stragi del ’93. Prima di
               fondare  il  Centro  Padre  Nostro,  Puglisi  era  stato  parroco  nella

               chiesa  di  San  Gaetano,  dove  aveva  inaugurato  le  omelie  di
               condanna a Cosa nostra, i progetti di educazione alla legalità, il
               piano di «liberazione» del quartiere. Il suo modo di intendere la

               missione  pastorale  venne  percepito  da  molti  come  troppo
               militante e lontano dagli obiettivi della Chiesa.

                   Ammettiamo  pure  che  venti,  trent’anni  fa  una  parte  della
               Chiesa cattolica abbia sottovalutato la mafia o sia stata vittima di

               filoni  interpretativi,  diciamo  cosí,  piú  «morbidi»,  sposati  dai
               media  e  da  alcuni  apparati  dello  Stato.  Comunque  stessero  le

               cose, allora era  molto piú  facile essere  influenzati nel  giudizio
               perché c’era troppa confusione.
                   Credo che l’atteggiamento cauto del clero italiano sia dipeso

               principalmente dalla mancata percezione, e questa cautela è stata
               letta  spesso  come  un  silenzio  che  ha  causato  lo  sviluppo  della

               mafia nel mondo. Confermo che c’è stato il tempo del «Grande
               silenzio»,  ma  non  sono  in  grado  di  dire  che  influenza  abbia



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