Page 128 - Prodotto interno mafia
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che offriva a un boss il conforto della fede. Noi eravamo pieni di
punti interrogativi e faticavamo a trovare risposte. Com’era
possibile che un frate, in apparenza cosí buono e umile, potesse
essere complice di un boss sanguinario?
Anche in questo caso, prima di giudicare, bisogna capire il
contesto. Frate Frittitta viveva nella Kalsa, una delle zone piú
degradate di Palermo, dove aveva a che fare, ogni giorno, con
situazioni al limite della legalità. Quando fu chiamato a portare
parole di riconciliazione e conversione a un figlio smarrito di
Dio non si negò. Frittitta è un monaco, un religioso orientato alla
vita contemplativa, un uomo che aveva fatto dello spirito e della
preghiera il centro della propria missione.
Non ci vedo nulla di male se un pastore incontra pecorelle, o
meglio, pecoroni smarriti, purché l’azione sia motivata dalla
volontà di recupero e dal Vangelo della Redenzione. Io credo
nelle buone intenzioni che hanno spinto padre Mario ad
avvicinare Aglieri, ma ne condanno le modalità. Frittitta non si è
macchiato di reati. Poteva forse evitare di celebrare la messa in
casa Aglieri o di dare la comunione al boss, ma se non ha
commesso reati – copertura o facilitazione delle comunicazioni –
perché avrebbe dovuto esserci una condanna pubblica da parte
della Chiesa?
Come può un assassino continuare a dichiararsi cattolico? In
questa possibilità non si può ravvisare una responsabilità diretta
della Chiesa?
Cattolico si resta in forza del battesimo e della cresima,
sacramenti che non si possono cancellare. Il punto non è
consentire a un criminale di dirsi o sentirsi cristiano cattolico, ma
dargli la misura della gravità dei suoi peccati. Durante la
confessione il sacerdote giudica l’autenticità del pentimento e
deve stare attento a non prestarsi al gioco del mafioso che brama
la sua presenza pensando cosí di ricevere la grazia di Dio.
Quando accade, il sacerdote si rende complice di una
dissacrazione.
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