Page 66 - Potere criminale
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L’attacco al cuore dello Stato
Gaetano Savatteri La sera del 26 gennaio 1979, in viale Emilia a Palermo, un giornalista sta rientrando a
casa: si chiama Mario Francese ed è un cronista del «Giornale di Sicilia». Un uomo si accosta, gli spara addosso
con freddezza, lasciando il cadavere di Francese sull’asfalto: il killer si chiama Leoluca Bagarella, uomo d’onore di
Corleone e cognato di Totò Riina. Francese era stato uno dei pochi che avevano intuito che dentro Cosa Nostra i
corleonesi stavano prendendo il sopravvento e ne aveva scritto nei suoi articoli. Con questo omicidio si apre la
stagione della mattanza, organizzata dai corleonesi di Riina per eliminare i nemici interni alla mafia e i nemici
esterni.
Salvatore Lupo Nella strategia dei corleonesi influisce probabilmente il tentativo di fare di Cosa
Nostra qualcosa di simile alla sua leggenda: una superorganizzazione, con un supercapo. Nella realtà
storica del secolo precedente la mafia, o se vuoi la Cosa Nostra, era stata un insieme di
organizzazioni territoriali e affaristiche, non coincidenti le une con le altre, i cui affiliati avevano
possibilità di accedere a certi affari, ma per farlo dovevano possedere il know-how, i capitali e
relazioni giuste. I corleonesi pensano che alla fine degli anni Settanta sia arrivato il momento di
creare un’unica organizzazione che controlli tutto.
S. Ne deriva una strage continua che appare guidata da una furia omicida e irrazionale...
L. C’è una furia omicida certo, che si rivelerà anche controproducente, ma comunque derivante da
una logica che va compresa. Ha una sua logica l’obiettivo di una distribuzione più egualitaria dei
grandi introiti del narcotraffico siculo-americano. In fondo, è il meccanismo classico delle
monarchie assolute che promettono ai sudditi la difesa dall’arbitrio dei singoli feudatari. La fazione
corleonese – composta dai corleonesi propriamente detti e dagli aderenti alla loro fazione,
palermitani o meno – si propone di distruggere quello che possiamo definire il notabilato di Cosa
Nostra, che godeva di più consolidate relazioni con il mondo «di sopra» e in particolare con il
gruppo affaristico siculo-americano. Questo avviene a Palermo e in provincia, ma anche nel
Trapanese, zona di antica vocazione narcotrafficante. Significativo l’attacco alla mafia di
Castellammare del Golfo, della quale conosciamo l’importanza storica nelle relazioni transoceaniche.
S. Parliamo di annientamento: definizioni che più che a una guerra di mafia fanno pensare a un’azione di
sterminio.
L. Pensiamolo come un colpo di Stato. Certo, da un certo punto in poi il raziocinio dell’operazione
un po’ si perde. È quanto avviene nelle guerre: nello scatenarsi delle logiche più belluine prendono
la mano i macellai più sanguinari. Nel convincimento che la violenza funzioni, tanto vale utilizzarla
in tutti gli ambiti.
S. Una pratica di violenza spesso preventiva: uccidere più degli altri, prima degli altri...
L. Infatti. Ne sentiamo l’eco in certe intercettazioni del 2006, nelle quali ascoltiamo Nino Rotolo
discutere con altri uomini d’onore – tutti di fede corleonese, seppure palermitani –
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