Page 64 - Potere criminale
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S. Siamo al passaggio tra gli anni Sessanta e Settanta. C’è una certa efficacia dell’azione repressiva, ma ci sono
anche importanti magistrati convinti che la mafia non esiste e perfino la Commissione parlamentare antimafia
dirà nel 1976 che «il fenomeno è destinato a trasformarsi in una comune forma di delinquenza organizzata, non
più connotata da requisiti tipici».
L. Non vorrei esagerare con la questione dei difetti interpretativi. Mi sembra però che il paradigma
tradizionalista, seppure in crisi, non cessi in questa fase di provocare effetti nefasti. I mafiosi non
portano più la coppola, sparano con i mitra e fanno saltare in aria i carabinieri col tritolo,
commerciano in droga, si danno alla latitanza, non si atteggiano a notabili come Calogero Vizzini.
La realtà è troppo distante dalla rappresentazione, ma il punto è che la rappresentazione era
stereotipata già cinquant’anni prima – e forse anche cento.
S. Il 5 maggio del 1971 viene ammazzato il procuratore della Repubblica di Palermo Pietro Scaglione. È il primo
cadavere eccellente della storia repubblicana, primo di una lunga serie. L’omicidio di un magistrato così importante
dà l’improvvisa percezione nazionale dell’aggressività del fenomeno mafioso, ma non seguono indagini e reazioni
adeguate...
L. Anche qui siamo davanti a una percezione sbagliata. Tutti pensano che la mafia non ammazzi
magistrati e uomini dello Stato, se non nel caso siano suoi complici. Dunque Scaglione è una mela
marcia. Solo negli anni seguenti, e davanti a una sequenza di sangue, si comprenderà che la regola
generale non è necessariamente sempre valida.
S. Eppure nel settembre 1970 era già scomparso il giornalista Mauro De Mauro, un altro mistero palermitano...
L. Beh, era più facile comprendere le ragioni per cui veniva colpito un giornalista come De Mauro:
un’inchiesta indiscreta, un’informazione pericolosa. Il suo rapimento peraltro coronava una lunga
stagione di attentati e intimidazione nei confronti del suo giornale, «L’Ora».
S. Col caso De Mauro e il delitto Scaglione la mafia sta cambiando pelle?
L. Vedendo le cose col senno del poi, direi di sì.
S. Le indagini, in entrambi i casi, partono tra molti dubbi e molti errori, si arenano presto e non arriveranno mai
a una conclusione processualmente certa...
L. Certo, perché passa la convinzione che Scaglione se la sia cercata. E comincia la stagione delle
mancate reazioni, cui purtroppo ci abitueremo.
S. Per Cosa Nostra è anche il periodo del consolidamento delle relazioni internazionali del narcotraffico.
L. Lo smantellamento della connection marsigliese accelera l’espansione mafiosa verso l’Italia
meridionale e il Nord. Entrano in gioco i gruppi calabresi e campani, dapprima subalterni, poi
sempre più coinvolti nei traffici di Cosa Nostra. È una specie di decennio di preparazione e di
accumulazione di capitali. Sono portato a pensare che la ripresa dell’emigrazione di elementi
qualificati mafiosi dalla Sicilia verso gli Stati Uniti si risolva in una ripresa forte dei traffici di
stupefacenti.
S. È il caso di Buscetta, del suo soggiorno newyorkese e delle relazioni di affari da lui strette con i Gambino.
L. Certamente. Nel 1970 Buscetta torna da New York in Italia, dove viene fermato assieme a
Salvatore Greco, per una riunione, sostiene lo stesso Buscetta, legata ai preparativi del golpe
Borghese. Sapendo quanto Buscetta ci tenga a occultare il narcotraffico e la connessa partnership
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