Page 62 - Potere criminale
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S. Dopo una stagione di omicidi, la guerra a un certo punto finisce. Per quale motivo?
L. Sì, la guerra si conclude in maniera apparentemente catastrofica per i mafiosi. Dallo scontro
emerge vincente il gruppo dei Greco sui La Barbera. Salvatore La Barbera viene ammazzato, suo
fratello Angelo finisce in galera. Buscetta – un satellite del gruppo La Barbera – scappa in Messico.
Ma anche colui che sembra il vincitore, Salvatore Greco Cicchiteddu, fugge in Venezuela e fa
perdere le sue tracce. Scappano tutti perché, dopo l’attentato di Ciaculli, la politica e l’autorità di
polizia si sono accorti che la mafia è una creatura pericolosa.
S. Determinante nel sovvertire l’immagine tradizionale della mafia è dunque la strage di Ciaculli del 30 giugno
1963, quando una Giulietta imbottita di tritolo salta in aria uccidendo cinque carabinieri e due artificieri
dell’esercito. Le inchieste successive alla strage sembrano colpire a fondo Cosa Nostra, al punto che secondo
Buscetta durante il processo di Catanzaro i mafiosi valutarono se sciogliere l’organizzazione...
L. La strage fa della mafia (finalmente) un problema di ordine pubblico. I mafiosi, non più abituati
alla repressione, oscillano sotto i colpi. Però i processi di Catanzaro e di Bari non danno i risultati
sperati. Comunque i corleonesi – Leggio per un certo tempo, i suoi luogotenenti Totò Riina e
Bernardo Provenzano per un periodo che risulterà interminabile – si danno alla latitanza. I fatti
successivi diranno che la capacità di reggere e agire dalla latitanza rappresenta la prima delle loro virtù
(diciamo così). Li renderà capitani di un esercito incontrollabile dalle autorità e dagli stessi altri
mafiosi.
S. La strage di Ciaculli dà un impulso fortissimo alla neonata Commissione parlamentare antimafia, richiesta a
gran voce dalla sinistra già anni prima, quando negli Stati Uniti era stata costituita la commissione senatoriale
Kefauver. E si apre subito il dibattito politico, ad esempio sulle schede segrete dedicate ai politici siciliani e alle loro
collusioni.
L. La costituzione della Commissione è il segno di una difficoltà delle forze di governo di fronte alla
violenza mafiosa, ma nello stesso tempo è l’effetto della presenza dei socialisti nel governo di
centrosinistra. Tuttavia, la Commissione, nonostante i suoi ampi poteri d’inchiesta, produce
dibattito politico e poco più: scatena inutili polemiche sulla cosiddetta polveriera che si accumulava
nei suoi archivi e che veniva tenuta segreta. Solo in seguito, all’inizio degli anni Settanta, la
Commissione antimafia comincerà a produrre documenti per nulla segreti, ma nel complesso di
straordinario valore.
S. Valore politico o storico?
L. Le relazioni conclusive, anche quelle di opposizione, utilizzarono in maniera superficiale la
documentazione, più che altro riproducendo tematiche già note del dibattito pubblico. In realtà i
materiali allegati offrirebbero ancora oggi spunti di grande valore per ricerche originali.
S. In definitiva, la Commissione non fu del tutto inutile e il suo lavoro non si rivelò del tutto vuoto o parolaio.
L. Inutile proprio no. Basti pensare alla vicenda del giudice Cesare Terranova, già pubblico
accusatore in molti processi di mafia, in seguito eletto in Parlamento nelle file comuniste ed entrato a
far parte della Commissione antimafia. Conclusa l’esperienza parlamentare, Terranova tornò in
magistratura a Palermo con idee più precise e analisi più approfondite sulla mafia: e proprio per
questo fu ferocemente assassinato. Credo che molti funzionari di polizia, carabinieri e magistrati
ascoltati dalla Commissione abbiano fornito o viceversa ricavato elementi utili, in un processo
importante di sensibilizzazione. In fondo, le forze di polizia lavorano così: considerano gravi o
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