Page 50 - Potere criminale
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stretto quindi un accordo per tenere la forza lavoro in riga, per garantire l’ordine ed evitare scioperi e
ostruzionismi. E infatti un sindacalista democratico e di sinistra fu invitato a sparire, se non ci voleva
lasciare la pelle: lo testimoniano i rapporti dei servizi segreti della Marina, soddisfatti di questa
impresa dei loro alleati.
S. Possiamo escludere che Lucky Luciano abbia aperto le porte della Sicilia agli Alleati?
L. Io lo escluderei. Non è molto ragionevole, né ci sono indicazioni in questo senso. Tutto deriva
dalle interminabili polemiche che si svilupparono dopo la liberazione di Luciano tra i vari gruppi di
potere americano. A cose fatte risultò chiaro che nemmeno nel porto di New York c’erano stati tutti
questi vantaggi. Insomma, un enorme bluff.
S. Ma a suffragio della tesi del patto tra Cosa Nostra e settori dei comandi anglo-americani ci sono i nomi dei
sindaci nominati dagli americani nei paesi appena liberati: alcuni erano notoriamente mafiosi. E poi c’è la
presenza di un boss come Vito Genovese a fianco di Charles Poletti, capo dell’Amgot, il governo militare alleato
in Sicilia nei mesi successivi al luglio 1943.
L. Genovese frequentava il comando alleato a Napoli: non aveva un ruolo preciso. Sfruttava amicizie
e faceva affari. Anche Nick Gentile aveva amicizie: nelle sue memorie (in genere abbastanza
attendibili) racconta che faceva il mercato nero d’accordo con qualche ufficiale americano, mentre se
la passava male con gli inglesi. Quanto ai sindaci, Charles Poletti nominò in effetti un bel po’ di
mafiosi in provincia di Palermo. Quando però i carabinieri lo resero edotto delle fedine penali
chilometriche di alcuni dei prescelti, destituì quegli stessi sindaci o li costrinse a dimettersi. È
probabile che in alcuni casi al loro posto subentrarono amici e parenti degli stessi, come nel caso di
don Calò Vizzini, che fu sostituito da suo nipote Benedetto Farina, ma da questo a intravedere un
complotto organizzato a New York da Lucky Luciano ce ne corre.
S. Ma allora a quale logica rispondevano le scelte sulla nomina dei sindaci insediati dagli americani?
L. Gli americani, avanzando, nominavano sindaci dei centri liberati i primi che incontravano, poi
andavano avanti; in quel paese arrivava un nuovo ufficiale, cambiava il sindaco e ne metteva un altro.
In quei primi convulsi momenti, prendevano quanto offriva la stessa società locale. Il primo gruppo
politico a mettersi in moto fu il separatismo e quindi i sindaci nominati erano separatisti, soprattutto
in provincia di Palermo, con una forte presenza dell’elemento mafioso. In alcuni casi, i mafiosi si
presentarono come perseguitati politici, visto che avevano le carte e i precedenti penali che
mostravano di avere attraversato processi e galera. Non dissero che l’antifascismo non c’entrava
niente...
S. E così all’interno dei comandi inglesi e americani si aprì una furiosa polemica sulla mafia.
L. Gli inglesi furono felici di poter mettere in difficoltà gli americani: gli accordi alleati avevano
stabilito che toccava a loro il ruolo di senior partner, e volevano ribadire il concetto.
S. Tutto si riduce a questo?
L. No, non esageriamo. Poletti, in scritti successivi, dice di non sapere niente della mafia e di non
averla mai incontrata. Mente spudoratamente, se non altro perché tra le carte dell’Amgot c’è un
fascicolo massiccio dedicato specificamente al tema. Molte volte la questione fu posta e discussa. Io
credo che gli americani abbiano trovato comodo lasciare che la scena fosse occupata da chi era in
grado di farlo. E in un primissimo momento, sulla scena c’erano solo separatisti e mafiosi.
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