Page 48 - Potere criminale
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siciliani trovano nelle due proibizioni statunitensi, degli alcolici e dell’immigrazione, un’occasione
           per fare soldi a palate, ma anche per collegarsi con altre forme locali di criminalità, italiane o meno.
          Guardiamo il sistema delle Cinque Famiglie: quattro su cinque sono guidate negli anni Trenta da
          immigrati dalla Sicilia degli anni Venti, solo la quinta, quella di Lucky Luciano e Vito Genovese, è
           formata da soggetti nati o cresciuti a New York, alcuni dei quali non sono nemmeno siciliani.

           S. In questo periodo come si chiama questa organizzazione?


           L.  In  America  viene  chiamata  l’Unione  siciliana.  La  definizione  di  Cosa  Nostra  è  di  molto
           successiva.

           S. Questa definizione nasce in Italia e viene esportata?

           L. Per quanto se ne può capire, nasce in America. Di certo, è qui che viene usata per la prima volta
           nel dibattito pubblico.

           S.  Eppure,  nell’ordinanza  di  un  processo  sulla  mafia  trapanese  un  magistrato  sosteneva  che  il  nome  di  Cosa
           Nostra fosse stato coniato a Castellammare del Golfo: non so da quali fonti ricavasse questa convinzione.


           L.  Se  così  fosse,  Castellammare  del  Golfo  sarebbe  proprio  il  luogo  ideale  in  quanto  fulcro  della
           connection  siculo-americana.  Possiamo  pensare  peraltro  che  questi  termini  in  un  primo  tempo
           vengano usati in maniera «informale», insieme ad altri analoghi, e solo a un certo punto vengano
           formalizzati.  Immaginiamo  che  alcuni  mafiosi  abbiano  usato,  parlando  tra  loro,  il  termine  «cosa
           nostra» in forma ammiccante e con l’intenzione di tenersi sul vago. Gli agenti dell’Fbi, che alla fine
          degli  anni  Cinquanta  cominciavano  a  intercettare  le  loro  conversazioni,  credettero  di  trovare  una

           risposta  alla  loro  assillante  domanda:  di  che  diavolo  si  tratta?  Veramente  è  la  misteriosa  mafia?  È
           un’Unione siciliana illegale, da distinguersi da altre associazioni di immigrati legali e innocue? O
          questa «cosa loro» ha un altro nome ancora?

          S. Fratellanze, leghe, unioni, declinazioni dello stesso concetto...

          L.  È  evidente  che  siamo  sempre  di  fronte  alla  formalizzazione  di  termini  di  uso  corrente,
           generalmente scelti per la loro possibile accezione positiva. Diverso il caso del termine mafia, del

           quale non esiste un uso in positivo, checché ne dicesse Pitrè.

           S. Gli stessi mafiosi hanno piena coscienza di non potere fare proprio il termine mafia, tanto è vero che non
          l’hanno mai usato al loro interno.

          L.  I  mafiosi  tra  loro  parlano  di  «onorata  società»  e  si  definiscono  «uomini  d’onore»,  cioè  nella
           maniera  più  positiva  che  riescono  a  escogitare.  Il  modello  è  quello  aristocratico,  quello  dei  loro
           antichi protettori. Veramente anche le società di mutuo soccorso, agli albori dei movimenti operai,
           scrivevano  nei  loro  statuti  che  i  soci  dovevano  essere  persone  onorate,  non  malfamate  (e

           incensurate).  È  chiaro  che  parliamo  di  termini  utilizzati  in  diversi  contesti  per  esprimere
           genericamente «distinzione». Perché i mafiosi tanto li apprezzano? Perché amano mischiarsi con le
           persone perbene in modo da celare la loro natura criminale e la natura criminale dell’associazione
           stessa.

           S.  Torniamo  negli  Stati  Uniti.  Le  Cinque  Famiglie  di  New  York  stringono  il  patto  di  non  belligeranza,  si
           spartiscono la città e gli affari, sotto le insegne dell’Unione siciliana. Tutto bene per loro, insomma...


           L. No. Perché, soprattutto a New York, ma anche altrove, al passaggio tra gli anni Venti e Trenta, il



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