Page 45 - Potere criminale
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Gli zii d’America














           Gaetano Savatteri Leggenda vuole che la mafia combattuta dal fascismo riprenda vigore in Sicilia nel 1943,
           poco  prima  dello  sbarco  delle  truppe  alleate.  L’immagine  simbolica  è  il  lancio  da  un  aereo  americano  di  un
           fazzoletto giallo sulla casa di don Calò Vizzini, padrino di Villalba: sulla stoffa campeggiava una grande elle
           nera, la firma di Lucky Luciano, il segno che la mafia americana e quella siciliana si preparavano ad accogliere gli

           anglo-americani. La storia non ha mai avuto alcun riscontro, ma è così bella che un po’ tutti coloro che hanno
          scritto  sull’argomento  l’hanno  ripresa  nella  versione  fornitane  da  Michele  Pantaleone  nel  suo  libro  «Mafia  e
          politica».

          Salvatore Lupo Infatti è così. Una leggenda deve avere sempre alla base qualcosa di vero, in fondo in
           fondo... il primo errore comunque sta nell’idea che la mafia sia stata sconfitta dal fascismo. Abbiamo
          visto però che l’operazione Mori non implicò la sconfitta della mafia.


          S. Comunque, parliamo di una suggestione che racchiude una verità: la mafia riprende forza grazie alla nuova
           linfa che arriva dall’altra parte dell’oceano.

           L.  Questo  può  essere  corretto,  perché  la  relazione  tra  mafia  americana  e  mafia  siciliana  (cui  la
           leggenda allude) ancora negli anni immediatamente precedenti alla guerra era strettissima, al punto
           tale  che  nel  1940  gli  americani  avevano  ottenuto  utilissime  informazioni  sulla  mafia  newyorkese
           proprio dall’Italia.

           S. Non a caso trent’anni prima il tenente newyorkese Joe Petrosino era venuto in Italia proprio per attingere

          informazioni sulla criminalità siciliana di New York. E a Palermo era stato assassinato.

           L. Esatto. Ma questo era successo molto tempo prima, nel 1909. Si potrebbe pensare che questi
           rapporti  nel  frattempo  si  fossero  interrotti.  Invece  il  gruppo  costitutivo  di  quella  che  noi  oggi
           chiamiamo la Cosa Nostra americana si era formato più di recente, nei primi anni Venti, attraverso
          l’emigrazione di un gruppo molto qualificato (o squalificato, se vogliamo) di persone.

          S. Parli del gruppo mafioso originario di Castellammare del Golfo, in provincia di Trapani?

           L.  Parlo  dei  castellammaresi  come  Joe  Bonanno  e  Stefano  Magaddino,  parlo  del  palermitano

          Vincenzo  Mangano  e  di  Joe  Profaci  da  Villabate,  parlo  di  un  altro  palermitano  come  Carlo
          Gambino.

          S. Eppure già in precedenza in America c’erano presenze criminali siciliane, anche se non connotate come Cosa
          Nostra...

          L. Sì, lo abbiamo detto, ma intorno a questi personaggi si dipana il filo che porta alla metà degli anni

          Trenta alla fondazione negli Stati Uniti di un’organizzazione centralizzata: gran parte del cosiddetto
          sistema newyorkese delle Cinque Famiglie è formato da questa gente. Certo, non va dimenticato il
          contributo cruciale fornito da Salvatore Lucania detto Charlie Lucky Luciano. Però la sua è un’altra
          storia.



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