Page 41 - Potere criminale
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pagina sull’assedio di Gangi, ci accorgiamo di quanto l’operazione propagandistica, non solo a livello
regionale, non solo a livello nazionale, ma anche a livello internazionale, sia stata molto efficace. Gli
stranieri erano indulgenti verso Mussolini, pensando che un popolo come quello italiano avesse
bisogno di ordine e di legge. Pazienza se per riuscirci era necessaria la frusta.
S. Ma, fatta la tara alla propaganda, qual era invece la realtà delle cose?
L. La realtà è che tra il ’26 e il ’27 le retate si susseguono, coinvolgendo migliaia di persone. Subito
dopo vengono i processi, anche se sotto il profilo propagandistico l’utilità marginale di ogni
successiva azione cala progressivamente. Negli anni Venti, non c’è ancora una vera censura sulla
cronaca nera e quindi sul «Giornale di Sicilia» le notizie sui processi vengono pubblicate, ma
finiscono progressivamente relegate nelle pagine cittadine e regionali. Quanto alle condanne: nel
primo processo, alle cosche delle Madonie, sono pesanti, ma molti dei procedimenti successivi si
risolvono con sentenze per associazione a delinquere e pene alquanto lievi, due o tre anni di carcere.
Arriverà poi un’amnistia e moltissimi usciranno dalla galera.
S. Ma chi non viene condannato, spesso viene colpito da provvedimenti di polizia come il confino.
L. Certo. In realtà penso che gran parte della repressione, passata per il confino, sia stata delegata alla
polizia piuttosto che alla magistratura. Alla fin fine, con lo stesso metodo adottato dallo Stato liberale,
seppur applicato con mano più pesante.
S. Arbitrarietà discrezionale e scarsi controlli di diritto...
L. L’arbitrarietà di un regime repressivo che manda al confino, come sappiamo, non solo gli
oppositori politici, ma anche chi non si comporta in maniera «normale» (gli omosessuali, ad
esempio, o le donne «di facili costumi»). Allo stesso modo colpisce chi per ragioni familiari o locali
ha relazioni con appartenenti alla mafia. Tra l’altro, la fine della prefettura Mori (fu mandato in
pensione nel ’29) e della stagione dei grandi processi non significa la fine della repressione: abbiamo
una «seconda ondata», che contrariamente alla prima non è affatto amplificata propagandisticamente.
Anzi, a quanto risulta, ai giornali viene proibito di parlarne. Evidentemente si teme che il secondo
repulisti getti dubbi sull’efficacia del primo.
S. Forse proprio per questo non si ha memoria netta di una seconda operazione antimafia: fu fatta passare in
sordina. A che distanza di tempo dalla prima fu avviata la seconda campagna?
L. Intorno alla metà degli anni Trenta, quando si vedono gli effetti negativi dell’amnistia. Segnalo i
soliti contrasti tra carabinieri e polizia, ma anche la costituzione di un’istituzione investigativa
interforze, qualcosa di simile alla nostra Direzione investigativa antimafia: si chiamava Ispettorato
generale di pubblica sicurezza per la Sicilia. Da questa seconda repressione comunque ricaviamo un
materiale straordinario: abbiamo infatti centinaia e centinaia di fascicoli personali dei confinati, oggi
conservati presso l’Archivio centrale dello Stato, con la storia giudiziaria e personale di ciascuno, un
materiale di studio interessantissimo.
S. Vere e proprie biografie giudiziarie...
L. Per certi versi. Interessantissimi anche alcuni documenti dell’Ispettorato di Ps, i cui contenuti
provo a sintetizzare. Vi si legge: Mori è stato bravo, ma non ha potuto fare fino in fondo il suo lavoro
perché la cosiddetta opinione pubblica siciliana, montata dai soliti aristocratici protettori dei
mafiosi, ha indotto le autorità a mollare la presa, e pertanto oggi la situazione è addirittura peggiore
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