Page 42 - Potere criminale
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di quella precedente al 1926. I documenti sono basati su testimonianze dall’interno e delineano la
           struttura  tipica  di  Cosa  Nostra:  giuramento,  affiliazione,  sistemi  verticali,  cupole.  Si  tratta  di  un
           modello, scrivono i funzionari dell’Ispettorato, uguale a quello della massoneria. Ora, cosa dire, di
           questo? Innanzitutto che non solo per i rivoluzionari, ma anche per i poliziotti, i successi della mafia
           sono  dovuti  all’appoggio  della  classe  dirigente.  E  poi  che,  di  certo,  la  mafia  del  1937  –  data  del
           documento che cito – non era più forte di quella del 1926. Come accade ancora oggi, gli inquirenti

           usano l’iperbole per impedire che si «abbassi la guardia».

           S. D’altra parte chi combatte per mestiere la mafia non può svegliarsi un giorno e dire che la mafia non c’è più:
           verrebbe meno la ragione stessa del proprio ruolo...

           L. Non solo. C’è uno scontro di iperboli, uno scontro di retoriche. C’è chi sostiene che oggi la
          mafia sia più pericolosa di ieri per stoppare in anticipo chi – in buona o in cattiva fede – sussurra: la
          polizia dovrebbe occuparsi dei delinquenti, non delle persone perbene – bisognerebbe smetterla con

          queste esagerazioni sulla mafia...

          S. Un copione che rivedremo spesso...

          L.  È  uno  schema  ripetitivo.  Noi  lo  conosciamo  oggi,  ma  ritrovarlo  dentro  tutt’altro  regime  di
           tutt’altro periodo è rivelatore, no? Le retoriche sono, per loro natura, impermeabili ai mutamenti
           reali, vengono ripresentate sempre uguali a sé stesse. Lo storico può individuare alcune cose che
           restano stabili, ma spesso gli unici «fatti» immutabili sono le retoriche.


           S. Ma torniamo a Mori e al senso politico della sua operazione. Hai detto che era rivolta contro Alfredo Cucco.

           L.  Anche.  Cucco  fu  travolto  dalle  inchieste  già  alla  fine  del  ’26,  e  venne  non  solo  destituito  ma
          espulso dal Pnf, al pari di altri leader del fascismo radicale in tutt’Italia e in altre province siciliane.
          Come ho detto, ci furono accuse di corruzione quasi per tutti e Cucco venne chiamato in causa
          anche per relazioni con elementi mafiosi.

           S. Sul contrasto tra il prefetto Mori e il federale Cucco ci sono varie versioni. Cucco era un perseguitato da Mori o
           un personaggio veramente in odore di mafia?


           L. In prima istanza i guai di Cucco furono dovuti alla determinazione con cui Mussolini e Turati
           perseguirono lo scopo di eliminare il gruppo farinacciano su scala nazionale.

           S. Mori si fa strumento di questa liquidazione politica...

           L. Fu lo strumento, come tutti i prefetti, di un’operazione nazionale. Se avesse prestato servizio a
           Modena,  avrebbe  trovato  buone  ragioni  per  liquidare  il  federale  di  Modena.  Detto  questo
          ovviamente a noi resta la curiosità di sapere in che misura Cucco fosse veramente legato alla mafia.


          S. Ci serve soprattutto per capire se la continuità di relazioni tra «establishment» politici e mafia resiste anche
          cambiando forme politiche e regimi...

           L.  Le  relazioni  di  Cucco  con  i  mafiosi  risalivano  ai  primi  anni  Venti,  quando  nel  costruire
           turbinosamente da zero una carriera politica aveva raccolto, tra l’altro, anche il sostegno dei «partiti»
           mafiosi paesani smaniosi di inserirsi nella nuova politica. Va detto che Cucco uscì assolto da tutti i
          processi intentati contro di lui. Nondimeno, come accade per molti politici, gli stessi atti processuali

           dimostrano i suoi rapporti, le sue amicizie pericolose, i finanziamenti, gli scambi di favori relativi ad
          appalti e cose del genere, smentendo così la presunta pulizia del suo modo di far politica e la sincerità



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