Page 17 - Potere criminale
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funzione  storica  dei  gabelloti  e  dunque  della  mafia,  gli  uni  e  l’altra  intermediari  tra  latifondisti  e
          contadini, sarebbe secondo Sereni venuta meno con l’accentuarsi della lotta di classe.

          S. Pensiero che segnerà tutte le analisi successive di impronta marxista.

          L. Basterebbe pensare allo studio di un grandissimo storico marxista come Eric Hobsbawm, I ribelli,
          che,  con  riferimento  a  certe  situazioni  calabresi,  citava  l’onorata  società  come  strumento  di  una
          «forma primitiva di lotta sociale», destinata a esaurirsi quando si fossero creati moderni movimenti

           collettivi.  Le  altre  versioni  marxiste  peraltro  assunsero  questa  tesi  in  una  forma  più  semplificata,
          politicamente più spendibile. La cultura di sinistra degli anni Cinquanta rappresentò la mafia come
          un mero strumento dei latifondisti. D’altronde gli eventi drammatici del dopoguerra si prestavano a
           questa interpretazione, mostrando latifondisti e mafiosi saldati in un gruppo unico. Questa stessa
          cultura di ispirazione marxista o radicale vide la mafia come il segno della permanenza di antiche
          «tare»  nella  nostra  società,  nonostante  l’avvento  della  democrazia  e  dei  processi  di  sviluppo

          economico.

          S. Un contributo importante arrivò da sociologi e antropologi.

           L. Sì, ma spesso erano stranieri, che avevano poca conoscenza dell’argomento nel suo complesso e,
           potrei dire, non avevano letto né Romano né Pigliaru. Prevalse, come nel caso del sociologo tedesco
           Henner Hess, lo «sguardo esterno» di chi leggeva il comportamento mafioso come specchio di una
           cultura mediterranea resistente alla moderna etica statale. Così però il fenomeno veniva collocato in
           una  sfera  arcaicizzante,  nella  categoria  dei  «fossili  culturali»,  in  un  mondo  per  definizione  senza

          tempo e senza storia. Comunque negli anni Sessanta si erano cominciati a vedere in libreria testi
           scritti da storici di professione: il primo a cimentarsi fu Salvatore Francesco Romano, un pioniere
           negli studi contemporaneistici sulla Sicilia, ma che sullo specifico non fornì contributi di ricerca
           originale. Sino a quel periodo, d’altronde, la storia sociale aveva poco credito in Italia e gli storici
           dell’età contemporanea si occupavano di altro: dello sviluppo e del sottosviluppo economico, dei

           partiti di massa...

           S. Può sembrare strano, peraltro, che i primi studi e le prime ricerche storiche siano venute da Catania e non da
           Palermo, in teoria un luogo di osservazione purtroppo privilegiato rispetto alle vicende mafiose.

           L. Palermo era forse un punto di osservazione troppo privilegiato, ovvero troppo vicino all’oggetto.
           Comunque, per spiegare quest’arcano, bisogna partire dagli anni Settanta.

           S. Prova a farlo, magari seguendo un filo autobiografico.

           L. Allora bisogna partire da prima ancora, dall’inizio. Mio padre era ufficiale di polizia, mia madre
           un’insegnante di lettere. Lasciarono la natia Catania per trasferirsi a Novara nel 1949, e poi a Siena

          dove  sono  nato  nel  1951.  Abbiamo  vissuto  a  Vicenza  e  Forlì,  tornando  in  Sicilia  solo  nel  1964,
          quando mio padre venne destinato a Siracusa. Insomma, sono figlio di un’emigrazione borghese,
          nazionalizzata e nazionalizzante. A casa mia era in uso un rigorosissimo italiano. Guai se – approdati
          in  Sicilia  –  mia  sorella  e  io  ci  lasciavamo  condizionare  da  qualche  dialettismo:  era  escluso  che
          usassimo transitivamente i verbi intransitivi, cosa che usualmente fanno molti siciliani. Tutt’oggi né

          io né lei parliamo decentemente il dialetto. Tutto questo spiega forse qualcosa del mio carattere di
           siciliano di complemento, che ha sempre guardato alla sua terra un po’ dall’esterno.

           S. I tuoi studi universitari iniziano in Sicilia...




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