Page 11 - Potere criminale
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S. Una nuova mafia, una mafia sommersa...

           L. Ecco, la mafia sommersa. Il concetto è tornato di recente in alcune affermazioni del procuratore
           nazionale antimafia Piero Grasso, di altri magistrati e giornalisti. Non mi sembra però che su tali
           versanti si sia indovinato definendo una tale mafia nascosta e invisibile come nuova.  Bisognerebbe
           piuttosto  parlare,  se  le  cose  stanno  così,  di  una  mafia  antica,  o  per  meglio  dire  della  mafia  per
           eccellenza,  che  controlla  il  territorio,  che  si  occulta  nelle  pieghe  delle  relazioni  economiche,

           politiche e sociali elementari. La mafia «storica» alternava a periodi di accordo fasi di feroci scontri
          intestini; non perpetrava, in generale, clamorosi attentati terroristici né delitti eccellenti. Oggi Cosa
          Nostra preferisce una strategia mimetica, ma vi è anche costretta dalla durezza della repressione che
           l’ha colpita nell’ultima fase della sua storia.

           S. Si torna dunque a quella che tu chiami la «mafia per eccellenza», un’organizzazione meno verticistica...

           L.  In  effetti,  la  mafia  non  ha  più  né  la  voglia  né  la  necessità  di  atteggiarsi  a  partito  armato,  di
           rapportarsi alle istituzioni con una sequenza di azioni e reazioni che non poteva non essere governata

           da un unico centro ispiratore. D’altronde, in linea generale, i gruppi che la compongono non hanno
          necessariamente bisogno di una forte direzione centrale per controllare i loro territori o per gestire
          affari anche di vasta scala. Le ricerche che io stesso e altri abbiamo compiuto, o stiamo compiendo,
          ci mostrano come per cento e più anni i gruppi mafiosi, particolarmente tra Palermo, l’hinterland e i
          paesi circostanti, si siano coordinati grazie a un sistema di interrelazioni piuttosto fitte, garantite da

           comuni codici, da un sistema di regole – chiamiamolo così – di tipo paramassonico. Certo, non
           sempre questo è bastato a garantire la convivenza pacifica in quel territorio relativamente piccolo e
           (purtroppo) da loro così fittamente presidiato. Le informazioni di polizia si riferiscono in diversi
           periodi storici, nell’Ottocento e nel Novecento, a «consigli supremi» che noi possiamo immaginare
          come organismi sovrani o consultivi, dove si ritrovavano i capi o gli elementi da essi delegati. Io
          penso  che,  nella  lunga  storia  della  mafia  del  Palermitano,  centralizzazione  e  decentralizzazione  si
          siano ciclicamente alternate, con punte in un senso o nell’altro, in situazioni eccezionali.


          S. Resta da capire appieno perché la Cosa Nostra di Totò Riina si sia affidata a una strategia terroristica che alla
          fine ha provocato una reazione fortissima da parte dello Stato con conseguenze devastanti per l’organizzazione
          criminale.

          L. Ricordiamoci il contesto storico in cui si adottarono quelle scelte, e facciamo uno sforzo perché
          esso appare oggi per molti aspetti remoto. Nell’Italia degli anni Settanta, i casi di violenza politica
           prima,  di  «lotta  armata»  poi,  si  moltiplicavano;  per  non  dire  delle  terribili  stragi  perpetrate  da

           personaggi misteriosi e per motivi misteriosi. Lo stragismo voleva ispirare paura più che simpatia,
           ma la violenza in generale veniva considerata metodo ammissibile, opzione plausibile, da parte di
           gruppi e fasce d’opinione non marginali. Tutti, comunque, si erano abituati a vivere in un contesto
           nel quale usualmente si registravano fenomeni di natura violenta, e molti ritenevano che i violenti
           avessero  in  passato,  e  avrebbero  in  futuro,  conseguito  i  fini  politici  che  si  proponevano,  vista  la
          scarsa  volontà  o  l’incapacità  del  paese  nel  suo  complesso  (istituzioni,  partiti,  gruppi  di  interesse,
          opinione  pubblica)  di  contrastarli.  Stato  e  legalità  erano  concetti  vaghi,  contrastati,  disprezzati,

           delegittimati. Nel campo della criminalità organizzata si ebbe così un effetto di dimostrazione, una
           reazione imitativa. Il dilagare spaventoso della ferocia delle mafie e il loro ostentato protagonismo
           (penso alla vicenda della Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo) risulterebbero inspiegabili
           ignorando questi meccanismi. In questa situazione alcuni settori di Cosa Nostra ritennero di poter
           giocare anch’essi la carta del terrore. Disponevano d’altronde di un formidabile know-how, fatto di


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