Page 9 - Potere criminale
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consulenti...
L. O forse si potrebbe dire che è proprio Provenzano il consulente.
S. Consulente di chi e per che cosa?
L. Adesso mi inoltro nel gioco delle ipotesi plausibili, che vanno un po’ distinte (contrariamente a
quel che molti usano fare) dai fatti provati. Allora: il problema che tu poni, e che moltissimi si sono
posti, è quello cruciale. È mai possibile che alcuni rozzi contadinotti siano i capi di quella che è stata
– e che ancora è – una delle più grandi organizzazioni criminali del mondo? Precisiamo innanzitutto
cosa non è Cosa Nostra. Non è una holding. Non è una società per azioni. Non è un’impresa. È
un’associazione criminale i cui affiliati sono a loro volta inseriti in sistemi di relazioni che li
collegano ad altri soggetti, tra i quali figurano imprese, imprenditori e manager; categoria cui
palesemente non appartenevano né Riina né Provenzano. Costoro, al pari dei loro predecessori,
fornivano alle imprese o agli imprenditori servizi – perché ne venivano richiesti e/o perché
obbligavano le une e gli altri ad accettarli, in una casistica che è infinita e non si può risolvere, se non
ragionando caso per caso. In che campo Provenzano può essere stato un espertissimo consulente?
Nella scienza del mettersi d’accordo o del modo di trattare quelli che non vogliono mettersi
d’accordo. Un consulente su come si obbliga la gente a pagare i debiti, a onorare i crediti, a tenere
fede alla parola data oppure su come si convincono alcuni a non pretendere che la parola data venga
rispettata – pazienza, ci si deve adattare. Questo viene fuori dai pizzini, e veramente da tutti gli studi
che riescono a penetrare dentro il meccanismo elementare mafioso. Per il resto, escluderei che Cosa
Nostra sia equiparabile a un’azienda, tanto meno a un’unica impresa che controlla in maniera
centralizzata tutti i traffici. Insomma, escluderei che esista una Mafia Spa in grado di gestire tutto il
malaffare. Eppure spesso si continuano a usare termini fuorvianti, a evocare questi concetti, e
persino a citare cifre mirabolanti sul giro d’affari e i profitti di tale fantomatica impresa. Magari lo si
fa in buona fede, per sottolineare la pericolosità del nemico. Alla lunga, però, lo schema è talmente
fuorviante da rivelarsi controproducente.
S. La Mafia Spa è un concetto che già circolava negli Stati Uniti ai tempi di Al Capone, quando il crimine
veniva chiamato Murder Inc., cioè multinazionale del delitto...
L. Ma anche allora, negli States degli anni Trenta, non c’era nessuna grande holding americana del
crimine. C’erano piccoli affaristi-gangster particolarmente abili nell’eliminazione dei loro avversari,
che vennero utilizzati quale gruppo di fuoco dai loro soci di più alto lignaggio: uomini come
Vincenzo Mangano e Albert Anastasia, boss di un’organizzazione chiamata ai tempi Unione siciliana
e che oggi chiamiamo Cosa Nostra. I giornalisti, gli inquirenti e gli studiosi pensarono che quella
grande, complessa, stratificata organizzazione criminale fosse assimilabile al modello nitido,
gerarchico e iperrazionale della grande corporation. A un esame più attento, si vede che la similitudine
non funziona. Non funziona nemmeno nella riproposizione fatta da studiosi italiani come Pino
Arlacchi nel libro La mafia imprenditrice, e nelle varie versioni successive. La mafia non è un’impresa e
i mafiosi non sono degli imprenditori.
S. Adesso non vorrai sostenere che non esistono imprese mafiose?
L. Ci sono imprese infiltrate o dominate da mafiosi, questo sì. Il caso più antico è quello delle
aziende agricole condotte col sistema della gabella tra Otto e Novecento: in quel periodo molti
mafiosi erano interessati alle varie fasi dell’intermediazione nel commercio degli agrumi. Un settore
di gestione mafiosa classico, ma sempre attuale, è quello delle ditte concessionarie e
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