Page 10 - Potere criminale
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subconcessionarie in campo edilizio. Oggi troviamo un po’ dappertutto i mafiosi – in Sicilia, ma
           anche  in  Calabria  e  in  Campania  –  direttamente  interessati  alla  grande  distribuzione,  ai
          supermercati.  Parliamo  di  attività  che  non  necessitano  di  particolare  spirito  manageriale,  ma
          richiedono  soprattutto  la  capacità  di  stare  sul  territorio.  Per  il  resto,  non  possiamo  definire
          imprenditore chi usa un’azienda per stipendiare gente impegnata in attività criminali, per gravarla di
          tangenti  in  qualsiasi  forma,  per  riciclare  merce  rubata  o  capitali  sporchi  –  provocandone  il

          fallimento. C’è poi l’aspetto finanziario. Il mafioso che occulta i suoi denari in circuiti finanziari
          «protetti» dalla loro stessa complicatezza non è un imprenditore, come non siamo imprenditori io e
          te, quando mettiamo i nostri soldi in banca o li concediamo a un fondo di investimenti. C’è un che
          di fuorviante in questa enfasi sull’idea di una mafia finanziaria disancorata dal suo territorio, che è
          fatto  di  violenza,  sangue,  materia  bruta.  Leggo  spesso  che  oggi  la  mafia  avrebbe  cambiato  pelle,
          avrebbe abbandonato la sua natura primitiva, trasformandosi in una holding. Si dimenticano troppo

          facilmente  Roberto  Calvi  e  Michele  Sindona,  i  loro  progetti  di  conquista  della  finanza
          internazionale, i loro capitali misteriosi, le loro amicizie pericolose. Come si può sostenere, se non
          per avallare un indefinito crescendo retorico, che la mafia di oggi è più «finanziarizzata» rispetto a
           trent’anni fa?

           S. Referenti di Sindona erano boss considerati all’antica, come Stefano Bontate...

           L.  Sì,  può  darsi  che  Bontate  fosse  per  la  finanza  «sporca»  un  interlocutore  più  credibile  dei
           corleonesi,  ma  appunto  questo  dimostra  che  non  siamo  davanti  a  un  ininterrotto  processo

           «evolutivo», per cui la mafia si fa imprenditrice, finanziaria, borghese da miserabile e rozza qual era.

           S.  Questa  tua  interpretazione  rischia  di  travolgere  le  certezze  processuali  alle  quali  siamo  arrivati:  la  prova,
           convalidata in Cassazione, che Cosa Nostra è – o quantomeno è stata, sotto la gestione del corleonese Totò Riina
           – una struttura verticale e fortemente centralizzata.

           L. Non voglio confutare nessuna sentenza, e tanto meno questa. Ci sono problemi interpretativi che

           non sono risolvibili attraverso la citazione delle sentenze. D’altronde, se quella è stata la mafia a un
           certo punto della sua storia, ciò non vuol dire che fosse tale anche prima – o sia tale oggi.

           S. Vuoi dire che, dopo l’arresto di Bernardo Provenzano e la successiva cattura di molti boss legati ai corleonesi, la
           mafia, per come l’abbiamo conosciuta, è morta?

           L. Troppe volte, nei centocinquanta anni della sua storia, la mafia è stata data per spacciata. Faccio lo
           storico e in linea generale mi sento qualificato a occuparmi più del passato che del futuro, ma non
           per questo voglio nascondere il mio pensiero. Giudico in effetti esaurita l’era della mafia corleonese
           o, meglio, il modello corleonese di mafia terroristica, supercentralizzata e incline a mostrarsi con

          ostentazione e arroganza. Molti dei suoi protagonisti, condannati a pesantissime pene detentive, non
           sono  più  sulla  scena.  Altri  si  sono  convinti  di  aver  sbagliato,  e  di  grosso:  lo  sappiamo  dalle
          intercettazioni,  dalla  loro  stessa  voce,  non  per  deduzione.  Non  credo  che  vogliano  o  possano
           ritornare sui loro passi, sicuramente non a breve termine.

           S. È probabile che si torni a un’organizzazione più orizzontale, come è stato in passato? Una nuova mappa
          criminale simile a un sistema feudale, di zone giustapposte e coordinate?


          L.  Sì,  penso  anch’io  che  sia  possibile  il  ritorno  a  una  mafia  articolata  in  gruppi  diversi,  ma
           soprattutto credo che l’onorata società – come si diceva un tempo – abbia compreso quanto sia stata
          controproducente la smania di occupare le prime pagine dei giornali.



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