Page 96 - L'onorata società
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6. Le grandi operette







              Romano Prodi, notoriamente soporifero in fatto di esternazioni davanti
          a  giornalisti  e  telecamere,  qualche  anno  fa,  nel  marzo  2006,  si  lasciò
          andare  a  una  battuta  per  molti  versi  sorprendente:  «Le  uniche  grandi

          opere portate avanti in questi cinque anni da Silvio Berlusconi sono state il
          lifting e il trapianto di capelli». Non male, bisogna ammetterlo. Peccato che
          pure lui, nelle diverse occasioni in cui ne ha avuto la possibilità, non abbia
          fatto meglio del suo rivale.

              Quando  si  parla  di  infrastrutture,  il  copione  è  sempre  lo  stesso.
          Roboanti annunci da parte del governo di turno, titoloni della stampa su
          fantasmagorici stanziamenti per ferrovie, strade, porti e aeroporti. Sogni su
          sogni. A leggere i giornali, sembra di vivere nel Paese delle meraviglie. Ci

          sono soldi per tutto e per tutti: addirittura 174 sono i miliardi previsti dal
          Piano decennale delle infrastrutture strategiche e dalle successive delibere
          del  Cipe  (Comitato  interministeriale  per  la  programmazione  economica)
          per  una  quarantina  di  megaopere  classificate  come  «prioritarie  e  di

          preminente  interesse  nazionale».  In  primis,  il  ponte  sullo  Stretto  di
          Messina, accantonato dal governo Prodi e riportato con forza all'ordine del
          giorno dall'esecutivo targato Berlusconi. Poi gli interventi per l'Alta velocità
          ferroviaria sulle tratte Milano-Verona e Milano-Genova. Ma ce ne persino

          per  la  Rho-Gallarate  e  la  Rieti-Passo  Corese.  Quindi  le  strade  e  le
          autostrade:  la  Cisa,  la  Brescia-Padova,  la  Cecina-Civitavecchia,  la
          Tangenziale  Est  di  Milano,  la  Pedemontana  lombarda,  la  Bre.Be.Mi
          (Brescia-Bergamo-Milano).  E  finalmente  il  completamento  della  Salerno-

          Reggio  Calabria.  Senza  contare  gli  interventi  sui  sistemi  urbani  e
          metropolitani di Palermo, Catania, Bari, Cagliari, Torino, Roma e Milano.
          Dimenticato qualcosa? Niente paura, non manca l'occorrente per ultimare il
          progetto  del  traforo  del  Frejus  e  mettere  una  volta  per  tutte  Venezia  al

          riparo dall'acqua alta, grazie al sistema delle dighe del Mose.
              Sulla carta non ci batte nessuno. Ma si sa, i sogni svaniscono all'alba. E
          ci si sveglia fermi al punto di partenza. Alla fine i quattrini non si trovano
          mai. Lo ammettono gli stessi tecnici del ministero delle Infrastrutture: «Per

          completare  il  Piano  occorrono  113  miliardi».  La  triste  realtà  è  questa:
          l'Italia nel 1974 aveva un'arteria autostradale pari al doppio della Francia e
          due volte e mezzo rispetto a quella tedesca. Oggi siamo il fanalino di coda
          nel continente. In 30 anni ci hanno superato tutti. La nostra rete misura

          6.542 chilometri, contro i 12.044 della Germania, i 10.299 della Spagna e i
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