Page 74 - L'onorata società
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cominciare dalle fondazioni bancarie (riunite nell'Acri, l'Associazione delle
casse di risparmio, presieduta dal potente Giuseppe Guzzetti), che «hanno
un ruolo essenziale ma non sempre chiaro». L'indagine, conclusa nel
gennaio 2009, ha portato alla luce le decine di intrecci azionari tra società,
gruppi di potere e soliti noti: l'80 per cento dei gruppi finanziari, delle
banche e delle assicurazioni presenta all'interno dei propri organi soggetti
con incarichi in gruppi concorrenti. Emerge dunque una situazione
caratterizzata da grande confusione di ruoli e di interessi. Un'anomalia, nel
panorama europeo: del tutto inesistenti in Spagna e Olanda, gli intrecci
interessano il 26 per cento dei gruppi bancario-assicurativi francesi, il 43
per cento di quelli tedeschi, il 47 per cento degli inglesi.
Passando al setaccio i manager e i consiglieri di amministrazione che
hanno i piedi in più scarpe, emerge una speciale classifica. In testa ci sono
le Generali, con 16 componenti della governance che occupano poltrone in
altre società con cui in teoria dovrebbero competere. Segue Premafin, la
finanziaria del gruppo Ligresti, che controlla Fondiaria-Sai: 15 soggetti in
posizione che i tecnici chiamano interlocking directorates (consigli di
amministrazione "incrociati" o "intrecciati"). Terzi a pari merito,
Mediobanca, Intesa-Sanpaolo e Ubi Banca, con 14 amministratori nella
stessa ambigua posizione. Un giurista attento quanto critico come Guido
Rossi, ex presidente della Consob (la Commissione di vigilanza sulle
società e la Borsa), non ha dubbi:
È il trionfo del capitalismo delle baronie. C'è un gruppo di persone
inamovibile che estende e cerca di consolidare il proprio potere a tutta
l'economia e che si identifica in un circolo chiuso. Un sistema capitalistico
bancocentrico, non trasparente e non contendibile, con legami tra i
concorrenti e quindi non in grado di attrarre investitori istituzionali.
In questo scenario, non è stato accolto con grida di giubilo il decreto
legge numero 5 del 2009, con il quale il governo ha introdotto una serie di
novità per le società quotate: aumento del tetto all'acquisto di azioni
proprie dal 10 al 20 per cento, innalzamento dal 3 al 5 per cento delle
azioni che il socio di controllo può comprare ogni anno senza far scattare
l'imposizione dell'offerta pubblica di acquisto, facoltà data alla Consob di
ridurre dal 2 all'1 per cento la soglia oltre la quale deve scattare l'obbligo di
segnalare la presenza nel capitale delle società. Misure discutibili, che
secondo molti avranno l'effetto di rafforzare di fatto la posizione dei soci di
controllo. Questi potranno avere maggior libertà nell'impiegare i fondi delle
società per consolidare le loro posizioni e nello stesso tempo potranno
individuare più rapidamente (e stoppare) ogni potenziale scalatore. Non a