Page 77 - L'onorata società
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Gli  svantaggi  -  si  legge  nell'ultimo  rapporto  dell'Osservatorio  sulle
          liberalizzazioni - si riscontrano su più fronti: i tassi sul credito al consumo,
          tanto per iniziare, sono in media dell'1,2 per cento più alti dell'intera area
          Euro. Stesso raffronto e risultato per quelli sui mutui: più 0,7 per cento. Poi

          i conti correnti e gli interessi passivi sui prestiti a tasso fisso: più 0,5 per
          cento. A questi costi ne vanno aggiunti altri di natura indiretta: inefficienza
          nella selezione e valutazione dei progetti imprenditoriali, complessità delle
          forme  contrattuali,  forte  difficoltà  nella  comparazione  di  diversi  prodotti,

          che rendono poco economico lo spostamento da una banca a un'altra. Una
          prassi, quest'ultima, che dovrebbe essere la normalità ma non lo è affatto,
          anche  a  causa  delle  cosiddette  pratiche  di tying  (vendita  di  un  prodotto
          condizionata  all'acquisto  di  un  altro,  per  esempio  la  concessione  di  un

          mutuo  subordinata  all'apertura  di  un  conto  corrente),  che  determinano
          oneri  aggiuntivi  e  maggiori  problemi  di  uscita.  Non  finisce  qui.  Il  nostro
          sistema creditizio risulta inefficiente anche a causa di situazioni chiamate
          di contesto: costo di gestione del contante più elevato che in altri Paesi

          d'Europa, squilibrata distribuzione territoriale degli sportelli (60 per cento
          al  Nord,  20  al  Centro  e  20  al  Sud),  prezzi  alti  per  la  risoluzione  dei
          contenziosi e per la sicurezza (il 50 per cento delle rapine europee in banca
          avvengono nel Belpaese).

              Non  si  tratta  di  astratti  esercizi  di  ricerca.  Sono  autentici  fardelli  che
          pesano  sulle  nostre  tasche.  Il  Cermes-Bocconi  ha  provato  a  quantificare
          l'entità  del  risparmio,  nell'ipotesi  di  una  maggiore  concorrenza  tra  gli
          operatori. Sono state messe a confronto alcune condizioni di casa nostra

          con  quelle  di  altri  Paesi  dell'area  Euro.  Correggendo  gli  interessi  e
          riducendo il costo del conto corrente (65 euro), si potrebbe arrivare a un
          minore esborso di 3,1 miliardi per le famiglie (lo 0,35 per cento della loro
          spesa e lo 0,2 per cento del Pil) e di 4 miliardi per le imprese (lo 0,3 per

          cento del Pil).
              Non sono cifre da poco. Per questo sarebbe necessario continuare nel
          processo di liberalizzazione avviato da Bersani e certo non tornare indietro,
          come pretenderebbero i diretti interessati. Ma se le pur potenti compagnie

          di  assicurazione  hanno  bisogno  di  un  superlobbista  come  Pedrizzi  che  si
          faccia  carico  dei  loro  interessi,  le  banche  non  hanno  neppure  questa
          necessità: sono talmente forti, da poter fare da sole. Guardiamo la storia
          dei  mutui.  Difficile  dimenticare  il  terribile  2008,  quando  il  continuo

          innalzamento dei tassi variabili aveva praticamente raddoppiato l'importo
          delle rate: migliaia di famiglie si sono ritrovate in seria difficoltà a onorare
          il proprio debito. Bersani nel febbraio 2007 con i suoi decreti voleva dare
          alla gente semplicemente la possibilità di rinegoziare il mutuo a condizioni

          più  vantaggiose,  oppure  di  trasferirlo  in  un'altra  banca.  La  famosa
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