Page 79 - L'onorata società
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provenienti dalle tasche dei contribuenti, non ha nemmeno chiesto conto
agli istituti di credito delle numerose sedi o società collegate sparpagliate
nei paradisi fiscali. A Montecarlo, in Lussemburgo, alle Cayman, nell'isola di
Jersey: ufficialmente posizionate lì per risolvere problemi amministrativi di
carattere interno.
Il risultato è sconcertante. Gli imprenditori, con in testa il presidente di
Confindustria Emma Marcegaglia, non hanno smesso un giorno di
denunciare il credit crunch, vale a dire la riduzione degli affidamenti
bancari. Un grido di dolore al quale non è rimasto insensibile il governatore
della Banca d'Italia Draghi, che nella sua relazione annuale del maggio
2009 ha sottolineato come qualcosa non stesse funzionando. Rivolgendosi
agli operatori finanziari, Draghi li ha esortati a una maggiore attenzione,
lungimiranza, sacrificio: «Il deterioramento dell'economia tende a frenare i
prestiti». Parlano i dati. Ad aprile il trend di crescita dei finanziamenti alle
imprese si era azzerato. Ben 6 mila aziende con progetti di sviluppo
registravano grosse difficoltà ad accedere al mercato dei capitali. A partire
dall'ottobre precedente, il 10 per cento di artigiani e piccoli imprenditori
aveva ricevuto richieste di rimborsi anticipati. «È vero che le sofferenze
stanno aumentando,» ha aggiunto Draghi «ma va posta un'attenzione
straordinaria alle prospettive di medio-lungo periodo di chi chiede
assistenza.»
Ancora più esplicito Tremonti, uno non abituato a giri di parole. Al
culmine della sua battaglia contro il sistema bancario, se ne è uscito con
un missile a lunga gittata: «Se il mondo non vuole andare a sbattere, deve
affidarsi a criteri etici e morali ben superiori a quelli dei banchieri». Per
mesi, prima di tentare la carta dell'accordo, una moratoria di un anno per
congelare i debiti delle imprese, a cui alla fine hanno aderito oltre cento
istituti, il ministro dell'Economia ha polemizzato con i padroni del credito.
Meglio, del non credito. Un attacco partito dalla "sede istituzionale" di
Porta a Porta: «C'è molto da fare, invito le signore banche a fare il loro
dovere. Cresce la raccolta, ma diminuiscono gli impieghi». Quando Bruno
Vespa gli ha chiesto chi avesse ragione tra coloro che denunciavano tassi
di interesse esagerati e l'Abi che presentava dati che dimostravano l'esatto
opposto, Tremonti è stato perentorio: «Mi fido di più degli artigiani di
Mestre».
Già, secondo la Cgia di Mestre i tassi a breve termine applicati alle
aziende italiane sono i più alti d'Europa. Quelli in vigore nel marzo 2009
per prestiti inferiori a un anno toccavano la soglia del 4,84 per cento,
contro il 4,42 della media dell'Europa dei quindici. Un gap ancora
maggiore, se si consideravano i Paesi a noi concorrenti: la Germania era
ferma al 4,51 per cento, la Spagna al 4,36, la Francia al 3,73. Tradotto in