Page 71 - L'onorata società
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riportare le istituzioni finanziarie sulla "retta via". Qualcuno matura un odio
          talmente profondo verso la propria banca da uscire di testa e rischiare il
          carcere.  Giovanni  Rienzi,  panettiere  cinquantottenne  di  Settimo  Torinese
          con  numerose  traversie  lavorative  alle  spalle,  ha  sparato  alle  gambe,  in

          strada, alla direttrice della sua agenzia, che gli aveva rifiutato un prestito.
          «Tu mi vuoi rovinare», ha urlato alla donna prima di estrarre la pistola. Si è
          rovinato. Stessa sorte toccata a Ignazio D'Addato, 68 anni, che dal 1994,
          cioè da quando la Banca popolare di Milano gli aveva revocato il mutuo

          perché non riusciva più a pagare le rate, ha chiuso la bottega di frutta e
          verdura e si è messo a fare il rapinatore. La singolarità è che prendeva di
          mira esclusivamente sportelli della Bpm. Ultimo colpo a Genova, nel giugno
          2009,  dove  è  stato  beccato.  La  maggioranza  però  subisce  in  silenzio.  Al

          massimo pensa male e crea quel "problema di reputazione" ammesso pure
          da Alessandro Profumo, amministratore delegato di UniCredit.
              Altro che cattiva reputazione: in un modo o nell'altro il cliente ci rimette
          sempre.  A  partire  dagli  spiccioli.  Ovvero  da  quelle  microvoci  che  si

          traducono  in  microspese  per  ognuno  di  noi,  ma  che  messe  insieme,  per
          loro,  fanno  macroguadagni.  Balzelli  seminascosti,  commissioni  impreviste
          di uno zero virgola qualcosa che, a fine anno, diventano decine e decine di
          euro. Costi ingiustificati. Per esempio, gli oneri legati al sistema delle carte

          prepagate. Commissioni di ricarica fino a 5 euro, che gravano per il 10 per
          cento  sulle  somme  finali  (come  nel  caso  delle  carte  da  50  euro  che  i
          genitori comprano ai figli minorenni). L'Antitrust ha auspicato l'ingresso di
          nuovi  operatori  sul  mercato,  cominciando  da  quelli  di  telefonia  mobile,

          presupposto necessario per abbattere i costi. Nel frattempo, la torta se la
          spartiscono le banche e le Poste.
              Nel  corso  di  un'audizione  alla  Camera,  avvenuta  nel  maggio  2009,
          Catricalà  ha  puntato  il  dito  contro  le  pratiche  commerciali  scorrette

          adottate dai nostri istituti. A partire dal costo elevato per prelevare da uno
          sportello bancomat diverso da quello del proprio gruppo: 2 euro. Una cifra
          ingiustificata, che non corrisponde a nessun costo specifico per la banca,
          tanto  più  alla  luce  del  fatto  che  la  commissione  interbancaria  è  stata

          ridotta allo 0,67 per cento. Poi ce il credito al consumo, un settore che in
          Italia  vale  60  miliardi.  In  attesa  che  venga  recepita  la  direttiva  europea
          approvata nel giugno 2008, a oggi le offerte pullulano, ma le indicazioni sul
          reale  costo  del  finanziamento  (il  cosiddetto  Taeg,  tasso  annuo  effettivo

          globale)  sono  ancora  vaghe.  Lo  dimostra  un'inchiesta  condotta  da
          Altroconsumo.  L'associazione  ha  visitato  239  centri  commerciali  in  sette
          città per verificare sul campo il comportamento degli addetti ai lavori: sono
          emersi  grossi  deficit  di  carattere  informativo,  per  non  parlare  delle

          indicazioni errate sul peso reale dell'operazione. Due volte su dieci il Taeg
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