Page 42 - L'onorata società
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e infatti, secondo la Commissione europea, percorriamo un tragitto medio
          di  appena  quattro  chilometri.  Dell'auto  non  riusciamo  proprio  a  fare  a
          meno, costi quel che costi: il Bipe (Bureau d'information et de prévisions
          économiques), tra i più qualificati centri studi del continente, sostiene che

          in Italia l'impiego dei veicoli privati continuerà a crescere fino al 2015 al
          ritmo  dell'1,5  per  cento  all'anno;  al  contrario,  in  tutti  gli  altri  Paesi,  si
          registrano cali tra lo 0,5 e il 2 per cento.
              Dovremmo darci una regolata. Sta di fatto che il prezzo della benzina e

          del  gasolio  è  sempre  stato  e  continuerà  a  essere  un  incubo  quotidiano.
          Soprattutto  con  il  barile  ogni  giorno  in  rialzo.  C'è  da  augurarsi  che  non
          ritornino i valori record del 2008:120, 130, 140 dollari. Con il litro di verde
          alla pompa minacciosamente avviato verso i 2 euro.

              Le  quotazioni  internazionali  del  greggio  sono  decisive,  rispondono  a
          logiche incontrollabili e subiscono le malvagie pressioni della speculazione.
          Ma i consumatori si pongono una domanda semplice semplice: perché la
          benzina in Italia è più cara che in Francia, Austria, Spagna e molte altre

          nazioni  europee?  Ognuno  ha  la  sua  risposta,  in  un  vecchio  gioco  di
          palleggio delle responsabilità. I petrolieri accusano il governo, che ci mette
          sopra il 65 per cento di tasse. L'Antitrust ha sovente messo nel mirino i
          petrolieri, rei di fare "cartello", di scambiarsi informazioni, in definitiva di

          concordare il prezzo, e non ha mancato di infliggere loro multe di decine di
          milioni.  Il  governo  se  la  prende  con  i  distributori,  che  si  oppongono  a
          qualsiasi riforma delle regole sui punti vendita. I distributori a loro volta si
          sentono strozzati dai petrolieri. Si torna così al punto di partenza.

              La sostanza è che quello dei carburanti rimane uno dei settori più chiusi
          e arretrati. Nonostante si siano notevolmente ridotti nel corso degli anni, in
          Italia esistono 22.450 distributori, contro i 15.000 della Germania, i 13.500
          della Francia, i 9.700 della Gran Bretagna, gli 8.400 della Spagna. Il peso

          dei self-service sul totale del mercato è del 28 per cento, mentre in Francia
          e Germania tocca il 90 per cento. La presenza della grande distribuzione è
          solamente dell'1 per cento, di fronte al 50 della Francia, al 28 della Gran
          Bretagna,  al  7  per  cento  della  Germania.  L'Osservatorio  sulle

          liberalizzazioni del Cermes-Bocconi ritiene che con la realizzazione di 500
          nuove stazioni di servizio presso ipermercati e centri commerciali i cittadini
          potrebbero risparmiare 744 milioni di euro all'anno. Ma occorrerebbe che le
          Regioni, competenti in materia, modificassero le norme ed eliminassero i

          vincoli relativi alle distanze minime e agli orari di apertura.
              Insomma, sarebbe necessaria una vera liberalizzazione. Peccato che i
          gestori  (ai  quali,  va  precisato,  tocca  la  misera  percentuale  del  3,3  per
          cento  sul  prezzo  finale  della  benzina)  non  ci  sentano.  Nel  1999,  quando

          Bersani  cominciò  a  parlarne,  proclamarono  16  giorni  di  chiusura  dei
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