Page 37 - L'onorata società
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progetto  per  noi  sarebbe  un  disastro.  Ritiratelo  e  non  se  ne  parla  più».
          Detto,  fatto.  Il  governatore  regionale  Roberto  Formigoni  lo  ripone  nel
          cassetto. Da dove qualche mese dopo rispunta modificato: semplicemente,
          viene attribuita ai singoli Comuni maggiore discrezionalità; spetterà a loro

          decidere se e quando allungare gli orari ed eventualmente aumentare le
          aperture nei giorni festivi. Probabile che le polemiche, cacciate dalla porta,
          rientrino dalla finestra.
              Non è finita. A un certo punto, scoppia il caso di corso Buenos Aires, la

          strada milanese al quarto posto in Europa per attività commerciale (dopo
          Oxford  Street  a  Londra,  Diagonal  a  Barcellona  e  gli  Champs  Élysées  a
          Parigi). Una situazione paradossale, perché stavolta a essere divisi sono gli
          stessi  commercianti,  che  bisticciano  sull'importanza  dei  megastore.

          L'attuale normativa regionale, infatti, impone lo stop la domenica per gli
          esercizi al di sopra dei 250 metri quadrati. «Se restano chiusi loro, è inutile
          che stiamo aperti noi», sostiene Luigi Ferrario, presidente di Buenos Aires
          Futura, una delle associazioni dei commercianti della zona. «Chi pensa di

          trarre vantaggio dal richiamo dei grandi magazzini non sa quello che dice»,
          replica  Gabriel  Meghnagi,  presidente  di  AscoBaires  (Associazione
          commercianti di corso Buenos Aires). All'assessore Nicoli Cristiani non resta
          che allargare le braccia: «Almeno mettetevi d'accordo tra di voi».

              Spostiamoci  in  Veneto.  Anche  qui  si  parla  di  riforma  della  legge
          regionale  sul  commercio,  una  delle  più  restrittive  d'Italia.  A  spingerla  è
          l'assessore  Vendemiano  Sartor,  che  ha  immediatamente  ricevuto  una
          miriade  di  distinguo,  se  non  autentiche  bordate  di  fischi.  Intanto  è

          scoppiata  la  battaglia  di  Vicenza.  Il  sindaco  Achille  Variati  non  ne  vuole
          sapere  di  concedere  ulteriori  aperture  domenicali:  12  sono  e  12  devono
          restare.  A  spalleggiarlo,  Sergio  Rebecca,  dal  1993  alla  guida  dell'Ascom
          vicentina,  e  Fernando  Morando,  veronese,  presidente  di  Confcommercio

          Veneto.  Uno  che  sul  sito  internet  personale  si  presenta  con  una  frase
          filosofica:  «La  vita  è  fatta  di  successi  e  di  sconfitte.  È  tutto  ciò  di  cui
          abbiamo bisogno per crescere. Nella mia vita ho avuto grandi successi, ma
          come ogni vita che si rispetti, anche sconfitte che mi hanno fatto diventare

          quel che sono». Tuttavia sul piano concreto, quando per esempio si parla
          di  estensione  degli  orari  dei  negozi,  Morando  si  comporta  da  strenuo
          difensore  dello status quo. Stefano Beraldo, amministratore delegato del
          gruppo  Coin,  non  ci  ha  visto  più:  «Non  posso  tenere  abbassate  le

          saracinesche proprio nei giorni in cui i centri delle città pullulano di gente.
          Perdo il 10 per cento del fatturato». Conclusione: ha preso carta e penna e
          da  Vicenza  ha  inaugurato  la  stagione  dei  ricorsi  al  Tar.  Prossime  tappe,
          Venezia («Vi sembra normale che la domenica oltre il Ponte della libertà

          sia tutto aperto mentre a Mestre, stesso comune, è tutto chiuso»?), Torino,
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