Page 32 - L'onorata società
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Saracinesca selvaggia



          A calcolare il risparmio che le famiglie potrebbero ottenere da un sistema
          distributivo  più  efficiente  (o,  se  si  preferisce,  a  stimare  il  costo  delle

          inefficienze)  ha  pensato  l'Osservatorio  sulle  liberalizzazioni  del  Cermes-
          Bocconi (Centro di ricerca sui mercati e sui settori industriali). Ne escono
          cifre  impressionanti.  Nel  commercio  alimentare  il  beneficio  per  l'intera
          economia  italiana  potrebbe  essere  di  5,6  miliardi  all'anno,  pari  allo  0,37

          per  cento  del  Pil.  In  particolare,  3,4  miliardi  arriverebbero  se  venisse
          recuperato il gap strutturale, cioè se fossero eliminati i vincoli allo sviluppo
          della distribuzione organizzata e il nostro Paese si allineasse con il resto
          d'Europa («Siamo in ritardo di 8 anni sulla media continentale e di 17 anni

          nei  confronti  della  Germania,  leader  per  quota  di  mercato  in  questo
          campo»);  911  milioni  se  si  riuscissero  a  superare  i  limiti  derivanti  dal
          contesto generale (difficoltà logistiche, rigidità del mondo del lavoro, alti
          costi energetici); 661 milioni se si sviluppassero maggiormente i discount;

          657 milioni se aumentasse il peso delle vendite di marche private (quelle
          contrassegnate direttamente con il logo del distributore). La situazione non
          è  molto  diversa  per  quanto  riguarda  il  commercio  non  alimentare:  qui  il
          risparmio potrebbe raggiungere i 2,5 miliardi, un altro 0,15 per cento di Pil.

          Il  Cermes  fa  pure  la  "lista  della  spesa":  659  milioni  per  l'elettronica  di
          consumo, 557 per l'abbigliamento e le calzature, 477 nel bricolage, 426 per
          i mobili e l'arredamento, 116 nell'edutainment (il divertimento educativo),
          114 negli articoli sportivi, 71 nel tessile, 40 nei prodotti di profumeria, 26 in

          quelli  di  ottica,  10  milioni  nei  giocattoli.  In  totale,  tra food  e non  food,
          fanno  la  bellezza  di  8,1  miliardi,  mezzo  punto  di  Pil  "guadagnato"  ogni
          anno.
              Una svolta è necessaria. Lo dicono tutti, a destra e a sinistra. L'unico

          che ha provato seriamente a realizzarla, però, è stato Pier Luigi Bersani.
          Chi non ricorda, nel 2006, quando era ministro per lo Sviluppo economico,
          le  sue  famose  "lenzuolate"  sulle  liberalizzazioni?  Nel  maggio  2007,  a  un
          anno di distanza dalle elezioni che avevano sancito il ritorno al governo di

          Romano Prodi, quei provvedimenti piacevano al 70 per cento degli italiani:
          un  plauso  bipartisan,  poiché  proveniva  dall'85  per  cento  di  sostenitori
          dell'Unione e dal 61 per cento di lettori della Casa delle libertà. Cambiato il
          governo, si sta tranquillamente tornando indietro: un colpo alla volta, con

          emendamenti  disseminati  in  provvedimenti  legislativi  che  non  c'entrano
          nulla, le caste e le castine riprendono coraggio e puntano a riappropriarsi
          dei pochi o tanti privilegi perduti.
              Benzinai,  taxisti,  parrucchieri,  compagnie  di  assicurazione,  farmacisti,

          avvocati  si  fregano  le  mani.  Bersani,  58  anni,  una  laurea  in  Filosofia
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