Page 30 - L'onorata società
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Brunetta  (Pubblica  amministrazione  e  Innovazione),  Roberto  Calderoli
          (Semplificazione normativa), Altero Matteoli (Infrastrutture e Trasporti) e
          Maurizio  Sacconi  (Lavoro,  Salute  e  Politiche  sociali),  un  documento
          intitolato Considerazioni e proposte per una regolazione proconcorrenziale

          dei mercati a sostegno della crescita economica. Un capitolo era appunto
          dedicato al commercio:

              L'industria  distributiva  nazionale  presenta  tuttora  una  struttura  poco

          efficiente  e  sottodimensionata  rispetto  a  quella  di  altri  Paesi  europei,  a
          causa di una regolazione che ostacola l'apertura di punti vendita con grandi
          superfici  e  in  genere  l'attivazione  di  nuovi  esercizi.  Occorre  rimuovere
          questi  vincoli.  Vanno  eliminati  i  divieti  in  materia  di  vendita  congiunta

          all'ingrosso e al dettaglio, e i vincoli presenti, nella normativa nazionale e
          locale,  alla  determinazione  del  prezzo  di  vendita  (per  esempio,  la
          regolamentazione in materia di vendite sottocosto e straordinarie) e alle
          modalità di esercizio dell'attività (come i turni e gli orari minimi e massimi

          di apertura).

              Il messaggio è chiaro: più libertà nella conduzione degli esercizi, saldi
          quando si vuole, meno burocrazia. E basta con i lacci e lacciuoli corporativi

          imposti dai membri della stessa categoria nei confronti dei nuovi arrivati o
          di  chi  osa  non  rispettare  le  regole  codificate.  Anche  perché  gli  effetti  di
          questo  andazzo  sono  sotto  gli  occhi  di  tutti.  «Va  ricordato»  concludeva
          Catricalà «che l'attuale struttura della distribuzione commerciale comporta

          minore possibilità di scelta e prezzi più alti per i consumatori.»
              La strada è ancora lunga. In un Paese con caratteristiche geografiche e
          socio-economiche particolari come il nostro, dove su 4 milioni di piccole e
          medie  imprese  un  milione  e  mezzo  sono  attive  nei  diversi  campi  del

          commercio, nel 2006 si contavano (dati AcNielsen) 651 ipermercati, 7.877
          supermercati e 3.281 hard discount. In Francia, lo stesso anno, esistevano
          1.370  iper,  5.570  supermercati  e  3.750  discount,  con  una  forte
          concentrazione: le prime quattro società del settore controllano il 52 per

          cento del mercato, mentre da noi le quote sono polverizzate. In Germania i
          supermercati  erano  35.200  e  i  discount  14.610.  Realtà  distanti.  Ma  la
          rimonta  è  in  atto.  Specialmente  nell'alimentare  (una  spesa  complessiva,
          esclusi i pasti fuori casa, di 140 miliardi, pari al 17,7 per cento dell'insieme

          dei consumi familiari), dove la quota di mercato della grande distribuzione
          raggiunge ormai il 70 per cento. La ragione, probabilmente, sta nel fattore
          prezzi, che iper e supermercati riescono in qualche modo a tenere sotto
          controllo.

              Com'è  possibile,  invece,  che  nei  negozi  tradizionali  i  prodotti  agricoli
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