Page 25 - L'onorata società
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donna  nella  società,  di  come  recuperare  la  parità  nel  mondo  del  lavoro,
          della disparità di retribuzioni tra i sessi.
              Al massimo da noi si può arrivare (oggi, anno di grazia 2009) a parlare
          di quote rosa. Uno strumento che la maggior parte dei Paesi industrializzati

          ha  già  accantonato  e  sostituito  con  azioni  più  incisive,  dirette  ad
          aumentare  il  livello  di  partecipazione  femminile  nei  ruoli  che  contano.  Il
          termine  stesso,  quote  rosa,  è  visto  con  sospetto:  rosa  fa  pensare  a
          qualcosa di debole. Una personalità forte come Emma Bonino, da sempre

          impegnata  sul  tema  dei  diritti  delle  donne,  è  la  prima  a  non  mostrare
          entusiasmo: «Vanno bene per l'Afghanistan. In Italia abbiamo bisogno di
          qualcosa  di  più  efficace,  altrimenti  va  a  finire  che  i  notabili  maschi  dei
          partiti piazzano le loro amichette e tutto resta come prima. Quando vedrò

          le  donne  occupare  posti  di  autentico  potere  dirò  che  le  cose  sono
          veramente cambiate».
              La Norvegia ha imboccato un'altra strada. L'effetto è stato passato alla
          lente  d'ingrandimento  dal  mondo  intero.  Il  «Financial  Times»  se  ne

          occupato  con  un  lungo  articolo  nel  dicembre  2007.  Titolo:  «Le  donne
          cambiano  i  consigli  di  amministrazione  in  Norvegia».  Grazie  a  una  legge
          varata  nel  2003,  infatti,  la  presenza  femminile  ai  vertici  delle  società
          quotate è aumentata dal 7 al 35 per cento. L'Italia è il fanalino di coda con

          un misero 5 per cento, mentre il dato medio europeo è del 10 per cento.
              Più  che  accapigliarsi  sulle  quote  rosa  si  dovrebbe  spingere  verso  un
          diverso  sistema  di  welfare:  maggiore  presenza  di  asili  nido  (anche
          aziendali), orari flessibili, sostegni che possano favorire la conciliazione fra

          maternità  e  carriera.  Come  spiega  l'Istat,  20  italiane  su  100  quando
          diventano  madri  lasciano  il  lavoro.  Sette  perché  vengono  licenziate,  13
          perché non ce la fanno a reggere i ritmi imposti dal duplice ruolo.
              No, non è semplicemente questione di pari opportunità. Acqua passata.

          In  gioco  ci  sono  il  risanamento  dei  conti  pubblici,  la  crescita,  il  ruolo
          dell'Italia  nella  competizione  internazionale.  «Il  XXI  secolo  sarà  il  secolo
          delle donne nell'economia» giura il premio Nobel Gary Becker. Noi siamo
          fermi alla fulminante sintesi di Pippo Gianni, 62 anni, siciliano, ex deputato

          dell'Udc. Nel 2005, durante una discussione proprio sulle quote rosa, rivolto
          alla conterranea e battagliera Stefania Prestigiacomo, se ne uscì con un:
          «Le donne non ci devono scassare la minchia». Testuali parole.
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