Page 39 - L'onorata società
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finché campa pure Fabio Mussi, all'epoca ministro dell'Università. Mussi
venne infatti aggredito da un manipolo di taxisti scalmanati. «Uscivo da
un'audizione in commissione al Senato e andavo alla Camera» racconta.
«All'angolo tra via Bergamaschi e via della Colonna Antonina un gruppo di
manifestanti molto esagitati ha circondato la mia Lancia di servizio e ha
iniziato a picchiare sul tetto.» E che fa lui a quel punto? Scende per provare
a convincerli. Non finisce all'ospedale solo per miracolo.
Tutta colpa del solito Bersani. Che in una delle sue "lenzuolate"
prendeva di petto la categoria. Presupposto: le auto bianche, in Italia, sono
poche (attualmente circa 50 mila), perché le licenze sono contingentate.
Secondo una segnalazione dell'Antitrust al Parlamento del 5 marzo 2004, a
Milano ce ne sono 1,6 ogni mille abitanti, a Roma 1,9, mentre a Parigi ne
circolano 2,4, a Monaco di Baviera 2,9, a New York 8, a Londra 8,3, a
Barcellona 9,9. Per non parlare delle tariffe, le più care d'Europa. Bersani
vuole dare via libera ai Comuni per bandire concorsi in modo da aumentare
il loro numero e propone che si possano cumulare più licenze,
eventualmente assumendo conducenti con contratto di lavoro subordinato
per coprire turni giorno e notte.
È la guerra. I taxisti non mollano sul principio "un'auto, un conducente".
Ma soprattutto non intendono perdere il valore della licenza, che in una
grande città può arrivare fino a 200 mila euro. Temono l'invasione di autisti
stranieri, come a Manhattan. Lo slogan più creativo che inventano nei
confronti del governo è «Saremo il vostro Iraq». Quello più significativo
suona di Ventennio: «Tassametro ed elmetto, taxista perfetto».
Significativo, perché la protesta dei taxisti viene ampiamente cavalcata
dalla destra.
In un settore dove le sigle sindacali sono una ventina, i duri e puri,
quelli che rompono le trattative e chiamano alle armi, sono quattro e
rappresentano le associazioni più forti, specie a Roma, Milano e Napoli.
Pietro Marinelli della Ugl, ha sul braccio un tatuaggio della X Mas, è
cupamente soprannominato P38, e si dichiara grande amico di Gianni
Alemanno, allora esponente di punta di Alleanza nazionale e oggi sindaco
della capitale. Lorenzo Bittarelli è capo del 3570, la maggiore centrale di
radiotaxi di Roma nonché presidente dell'Uri (Unione radiotaxi italiani), e
non nasconde la sua stima per Francesco Storace, ex presidente della
Regione Lazio e in seguito, per un breve periodo, ministro della Salute (si
dimise per il cosiddetto Laziogate, la vicenda di spionaggio nei confronti di
Alessandra Mussolini). Alle elezioni del 2008, tuttavia, Bittarelli non sceglie
La Destra di Storace ma il Pdl, per il quale viene candidato al Senato.
Giuliano Falcioni è un ex militante dell'Msi, rimpiange "l'epoca d'oro" di Pino
Rauti, e guida la Federtaxi Cisal. Ma il più tremendo, il vero capopopolo, è