Page 47 - L'onorata società
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farmaceutica  che  ha  sempre  funzionato  in  modo  efficiente,  capillare  e
          sicuro». A sostegno, Leopardi commissiona al Censis l'indagine intitolata Il
          ruolo del farmacista nella società italiana,  dalla  quale  emerge  che  per  il
          74,9 per cento dei farmacisti «sta venendo meno il riconoscimento sociale

          della professione». Passando al tasto dolente, il 95,5 per cento si mostra
          contrario alla liberalizzazione della vendita di Otc.
              A fargli eco è Giorgio Siri, 71 anni, anch'egli ligure, dal 1992 leader di
          Federfarma, il sindacato dei 16 mila titolari di farmacia. Siri proclama due

          giorni  di  serrata,  minaccia  la  disdetta  della  convenzione  con  il  Servizio
          sanitario nazionale, si lancia in messaggi di fuoco: «La liberalizzazione non
          è  fatta  per  aiutare  i  cittadini,  ma  per  avvantaggiare  la  grande
          distribuzione». Riferimento esplicito alle Coop, dichiaratamente interessate

          a  entrare  nel  settore.  E,  giusto  per  ribadire  il  concetto,  chiama  Gavino
          Sanna,  guru  della  pubblicità,  per  una  campagna  milionaria.  Slogan:
          «Farmacia, la casa della salute».
              Oggi  entrambi  hanno  passato  la  mano.  Ai  genovesi  sono  subentrati  i

          milanesi. Un ricambio anche generazionale. Andrea Mandelli, candidato alle
          ultime elezioni politiche per il Pdl, che di Leopardi era stato braccio destro,
          ha assunto la guida della Fofi, alla cui vicepresidenza è stato eletto Luigi
          d'Ambrosio  Lettieri,  barese,  senatore  del  Pdl  e  braccio  destro  di  Antonio

          Tomassini alla commissione Igiene e Sanità di Palazzo Madama, di cui è
          segretario.  A  Federfarma  il  posto  di  Siri  è  stato  occupato  da  Annarosa
          Racca,  mentre  segretario  generale  è  stato  nominato  il  calabrese  Alfonso
          Misasi.  Comunque,  la  sostanza  non  è  cambiata.  La  pressione  sulle  forze

          politiche  per  ridimensionare  l'urto  di  parafarmacie  e  supermercati  sta
          dando  ottimi  risultati.  Quanto  alla  pianta  organica,  non  si  tocca:  al
          massimo si ritocca, con parametri un po' più elastici.
              Ma  dove  vige  l'immobilismo  più  assoluto  è  nella  determinazione  dei

          prezzi dei farmaci. Alla faccia della concorrenza e della tutela della salute.
          Qui si continua a procedere al contrario, partendo dal distributore finale,
          alias dal farmacista. Il quale difende con le unghie e con i denti un margine
          che va dal 30 al 35 per cento su qualsiasi prodotto. In concreto, chiede al

          fornitore uno sconto di simile entità su ogni confezione acquistata. Poi c'è
          la  parte  che  spetta  al  distributore  intermedio,  il  grossista,  il  quale  si
          "accontenta"  di  un  ricarico  tra  il  5  e  il  10  per  cento.  Si  risale  infine  al
          produttore,  che  tra  i  vari  costi  deve  tener  conto  anche  dei  massicci

          investimenti per le "attività di marketing". Nel 2007 l'Aifa (Agenzia italiana
          del farmaco) ha autorizzato 17.349 corsi, convegni ed eventi vari (16.868
          nella penisola e 481 all'estero): 47 al giorno, Natale, Pasqua e Ferragosto
          compresi,  per  una  spesa  di  507  milioni  e  801  mila  euro.  Siamo  proprio

          sicuri che, alla fine, non li paghino i cittadini?
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