Page 169 - L'onorata società
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eseguiti nel corso di normali visite ambulatoriali. La Regione pagava.
              Se  poi  si  esce  dalla  Lombardia,  va  pure  peggio.  L'ultimo  fattaccio  è
          esploso in Puglia, dove un giro di forniture, favori e appalti sospetti nella
          sanità, su cui indaga la magistratura, ha sconquassato la giunta di Nichi

          Vendola,  leader  di  Sinistra  e  libertà.  Uno  scandalo  passato  un  po'  in
          secondo  piano  rispetto  al  clamore  registrato  dalle  foto  e  dalle  interviste
          delle  ragazze  che  partecipavano  alle  feste  sardo-romane  del  premier
          Berlusconi,  ma  politicamente  molto  rilevante.  Specie  se  si  pensa  che,

          sempre per vicende legate alla gestione della sanità pugliese, nel mirino
          dei giudici erano già finiti il predecessore di Vendola, Raffaele Fitto, del Pdl
          (attuale  ministro  per  gli  Affari  regionali),  e  numerosi  dirigenti  della  Asl
          locale e della Regione.

              Nel 2006 era toccato alla sanità laziale essere travolta da un'indagine
          giudiziaria:  il  famoso  scandalo  di  "Lady  Asl".  Un  centinaio  di  persone
          arrestate  tra  politici,  manager  privati  e  dirigenti  di  aziende  sanitarie.
          Un'ottantina di milioni sottratti al Servizio sanitario nazionale. Nei pasticci

          finirono  anche  alcuni  assessori  della  ex  giunta  regionale  di  centrodestra,
          presieduta  da  Francesco  Storace.  Gli  inquirenti  delinearono  il  quadro  di
          un'autentica associazione truffaldina, le cui fila erano tirate da una donna,
          Anna  Iannuzzi,  intestataria  di  decine  di  società  operanti  nel  settore  e

          soprannominata Lady Asl per le sue entrature d'alto rango. Il meccanismo
          escogitato era il solito: convenzioni illegittime, false e doppie fatturazioni,
          mandati  di  pagamento  per  prestazioni  mai  effettuate  a  cliniche  e
          ambulatori fantasma.

              In Abruzzo lo scontro tra "angeli" della sanità privata è costato la galera
          al  presidente  Ottaviano  Del  Turco,  un  glorioso  passato  prima  da  leader
          della  Uil  e  in  seguito  da  presidente  della  commissione  Antimafia  e  da
          ministro delle Finanze. Vincenzo Maria Angelini, proprietario di numerose

          cliniche  abruzzesi,  ha  incastrato  Del  Turco  con  le  mani  sulle  mazzette,
          elargite per ottenere accreditamenti. Angelini si sarebbe deciso a vuotare il
          sacco  perché  la  giunta  regionale  stava  privilegiando  il  rivale  Giampaolo
          Angelucci.  Il  quale,  a  sentire  l'avversario,  avrebbe  a  lungo  finanziato  gli

          uomini del Pd tra Chieti e Pescara.
              Al di là dei reati, veri o presunti, un elemento è indiscutibile: l'attuale
          sistema  degli  accreditamenti  e  delle  convenzioni  risulta  estremamente
          fragile.  Troppo  esposto  a  relazioni  equivoche  con  la  politica.  Inoltre,  è

          facilissimo "sbagliare", magari nel compilare un modulo: si barra una voce
          anziché un'altra e il rimborso lievita. Senza arrivare alle aberrazioni di un
          Brega Massone, si possono sempre alterare le cartelle cliniche, moltiplicare
          il  numero  delle  operazioni,  fare  risultare  un  paziente  in  un  reparto  di

          riabilitazione mentre si trova in medicina interna. Le modalità truffaldine
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